INFORTUNIO IN ITINERE – METTERSI ALLA GUIDA CON UNA PATENTE DIVERSA DA QUELLA RICHIESTA COMPORTA L’ESCLUSIONE DELL’INDENNIZZO INAIL

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Il caso riguarda un lavoratore infortunatosi nel tragitto casa – lavoro, mentre era alla guida di un motociclo di cilindrata 250 c.c. con una patente non idonea alla guida del mezzo.

 Il soggetto era, infatti, in possesso delle patenti B e C, che lo abilitavano alla guida di autoveicoli di massa superiore a 3,5 t e motocicli fino a 125 c.c.

Per infortunio in itinere si intende, ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 38 del 23 febbraio 2000, l’evento lesivo che si verifica durante il tragitto compiuto per raggiungere, dalla propria abitazione il luogo di lavoro; quello che avviene durante il tragitto compiuto per recarsi da un luogo di lavoro a un altro; e, infine quello che accade durante il tragitto necessario per la consumazione dei pasti in assenza di mensa aziendale.

A norma dell’art. 12 del d.lgs. 38/2000 l’assicurazione non opera nei confronti del conducente sprovvisto della prescritta abilitazione alla guida.

Secondo la prospettazione del lavoratore, i giudici di merito avevano errato ad escludere l’indennizzabilità dell’infortunio in relazione al disposto dell’art. 12 del d.lgs. 38/2000; avrebbero infatti dovuto considerare che, essendo egli munito di patente di grado B e C (che lo abilitavano alla guida di autoveicoli di massa superiore a 3,5 t e di motocicli sino a 125 cc. e 11 kw di potenza) e avendo riportato l’infortunio mentre si trovava alla guida di un motociclo di 250 c.c. (e di potenza non superiore a 11 kw), la situazione in esame doveva equipararsi non a quella della guida senza patente, ma a quella con patente diversa, rispetto alla quale non era configurabile nessun esonero di responsabilità, al pari di quanto riconosciuto dalla giurisprudenza della Suprema Corte in materia di clausole di esonero della responsabilità dell’assicuratore in materia di sinistri derivanti da circolazione stradale.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 9375/2021, ha ritenuto infondata l’argomentazione difensiva proposta dal lavoratore, confermando le pronunce rese dai giudici di merito.

Secondo la Suprema Corte, l’art. 12 del d.lgs. 38/2000 va interpretato nel senso che l’indennizzo è escluso sia nel caso in cui il conducente, al momento dell’infortunio, non abbia conseguito il rilascio della patente, sia nel caso in cui il soggetto si metta alla guida in possesso di una patente diversa da quella prescritta per la conduzione del veicolo; ipotesi quest’ultima da considerarsi in maniera analoga alla mancanza di abilitazione alla guida.

A sostegno della tesi, i precedenti sottesi alle sentenze della Suprema Corte n. 12728/2010 e n. 20190/2014, riguardanti fattispecie relative alla guida con il c.d. foglio rosa o alla guida da parte di persona mutilata di veicolo sprovvisto degli adattamenti necessari alla propria condizione.

Trattasi di casi, tutti attinenti alla sicurezza sociale, la cui ratio solidaristica impone una interpretazione delle disposizioni normative che valorizzi l’adempimento di quei doveri inderogabili (nel, caso di specie, di prudenza) richiesti ai singoli quale presupposto indefettibile per la tutela dei loro diritti.

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