Con la sentenza n. 22584 del 16 giugno 2025, la Corte di Cassazione penale ha fornito importanti chiarimenti in materia di sicurezza sul lavoro e responsabilità penale, soffermandosi sul ruolo del preposto e sui limiti entro cui possa essere ritenuto “datore di lavoro” nell’ambito degli obblighi di prevenzione.
Il caso riguardava un presidente del Consiglio di amministrazione assolto in primo grado dall’accusa di non aver effettuato la valutazione dei rischi e la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione.
Secondo il Tribunale, questi obblighi non ricadevano sul vertice societario ma su due distinti dirigenti preposti alla gestione delle due unità produttive in cui era articolata l’azienda.
La Suprema Corte ha confermato tale interpretazione, chiarendo che l’individuazione del datore di lavoro in ambito prevenzionistico non coincide automaticamente con la figura del datore in senso civilistico. Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 81/2008, il datore di lavoro è anche colui che, nell’ambito di un’unità produttiva autonoma, esercita effettivamente poteri decisionali e di spesa, anche se formalmente non fa parte del Consiglio di amministrazione. L’elemento determinante, dunque, è la gestione concreta della sicurezza e non la posizione formale ricoperta in azienda.
La Corte ha ribadito che “la responsabilità del soggetto preposto alla direzione dell’unità produttiva è condizionata alla congruità dei suoi poteri decisionali e di spesa rispetto alle concrete esigenze prevenzionali”.
Ne deriva che il preposto può essere considerato datore di lavoro ai fini prevenzionistici solo entro i limiti di questi poteri: è responsabile solo se e nei limiti in cui dispone degli strumenti necessari per adempiere agli obblighi imposti dalla legge.
Secondo i giudici, dunque, il riconoscimento della figura del “datore di lavoro decentrato” è possibile e legittimo solo in presenza di un’autonomia effettiva della singola unità produttiva e della piena capacità decisionale e finanziaria del dirigente preposto.
Proprio in forza di tale autonomia, nel caso esaminato la valutazione dei rischi e la nomina del responsabile della sicurezza erano stati correttamente eseguiti dai responsabili delle due divisioni aziendali, escludendo ogni responsabilità in capo al vertice della società.
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