Le dimissioni sono valide solo se effettuate telematicamente

Le dimissioni sono un negozio giuridico unilaterale recettizio con il quale il lavoratore esprime la volontà di terminare il suo rapporto di lavoro, esercitabili senza alcun limite, salvo preavviso. Per la loro validità non occorre l’accettazione del datore di lavoro, il quale si limita a riceverle e da questo momento producono effetto.

Con l’ordinanza n. 27331 del 26 settembre 2023, la Corte di Cassazione, intervenendo in tema di risoluzione del rapporto di lavoro subordinato, ha ribadito che, ai sensi dell’articolo 26 del D.Lgs. n. 151 del 2015, le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro devono intervenire, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e trasmessi al datore di lavoro e alla Direzione territoriale del lavoro competente con le modalità individuate con il Decreto del Ministro del lavoro e delle Politiche sociali.

Nel caso di specie, il dipendente si rivolgeva all’autorità giudiziaria al fine di sostenere che il suo rapporto di lavoro con la società datrice si era risolto a causa di un licenziamento orale e chiedeva, pertanto, di accertare il provvedimento espulsivo del datore di lavoro e la declaratoria di illegittimità delle dimissioni.

La Corte d’Appello rigettava la predetta domanda, sulla base della regola di cui all’art. 2697 c.c. circa l’onere della prova, ritenendo che il lavoratore non avesse fornito adeguate prove. I giudici di merito ritenevano che il rapporto dovesse ritenersi estinto in seguito alle dimissioni rassegnate dal dipendente, seppur senza le prescritte modalità telematiche. Inoltre, per i giudici la cessazione del rapporto di lavoro era riconducibile esclusivamente al lavoratore, avendo integrato l’ipotesi di dimissioni, e non al datore di lavoro a causa del licenziamento orale.

Il dipendente impugnava la decisione della Corte di Appello con ricorso in Cassazione eccependo, nello specifico, la violazione dell’articolo 26 del D.Lgs. n. 151 del 2015 e dell’articolo 2697 c.c., in quanto era obbligatoria la forma scritta e l’invio telematico delle dimissioni.

La Cassazione – sovvertendo la pronuncia di merito – rilevava in primo luogo che, a seguito dell’introduzione del D.Lgs. 151/2015, le dimissioni devono intervenire, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Secondo i Giudici di legittimità, la normativa richiamata non altera la natura dell’atto di dimissioni come negozio unilaterale recettizio, ma richiede – ai fini dell’efficacia dell’atto – il rispetto di determinate forme, di natura telematica.

Questo, nella sentenza, aveva il duplice obiettivo di attribuire data certa alle dimissioni al fine di contrastare il fenomeno delle cosiddette “dimissioni in bianco”, che consiste nel far firmare le dimissioni al lavoratore al momento dell’assunzione e quindi nel momento in cui la posizione dello stesso lavoratore è più debole, nonché di fornire la garanzia che la volontà del lavoratore di risolvere il contratto si sia formata e sia stata espressa genuinamente e liberamente, in assenza di qualunque costrizione esercitata dal datore.

Alla luce di queste osservazioni, la Suprema Corte ha accolto il ricorso proposto dal lavoratore.

Foto di Andrea Piacquadio