Dipendente sorpreso in altre attività durante i giorni di permesso concessi per assistere la madre disabile.
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 17102/2021, ha stabilito che è legittimo il licenziamento del dipendente che utilizza il permesso previsto ai fini dell’assistenza di un famigliare disabile, per scopi diversi e con essa incompatibili.
Tale condotta integra un abuso del diritto concesso dalla legge 104/1992.
Nel caso di specie, un’azienda aveva contestato ad un suo dipendente di aver abusato di due giorni di permesso per accudire la madre disabile, intrattenendosi in attività incompatibili con il detto fine assistenziale. Il datore di lavoro, tramite accertamento investigativo, aveva sorpreso il lavoratore che si recava al mercato, al supermercato e da ultimo al mare con la famiglia, attività tutte non riconducibili a quelle di assistenza al genitore. Inoltre, era emerso che soltanto dopo la contestazione disciplinare, il dipendente aveva comunicato il cambio di residenza della madre presso la propria abitazione.
Le sentenze di primo e secondo grado di giudizio confermavano la legittimità del recesso per giusta causa del datore di lavoro. Pertanto, il lavoratore proponeva ricorso in Cassazione.
La Suprema Corte, avvalorando le precedenti pronunce di merito, ha confermato anch’essa la correttezza della sanzione espulsiva.
Confermata anche la legittimità dei controlli dell’investigatore privato, commissionati dal datore di lavoro per verificare la presenza di condotte illecite dei dipendenti durante i permessi, controlli non soggetti ai vincoli di cui all’art. 3 l. 300/1970 poiché compiuti al di fuori del luogo di lavoro.
Richiamando un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, ha anche ribadito che “l’assenza dal lavoro per usufruire di permesso ai sensi della l. 104/1992 deve porsi in relazione causale diretta con lo scopo di assistenza al disabile, con la conseguenza che il comportamento del dipendente che si avvalga di tale beneficio per attendere ad esigenze diverse integra l’abuso del diritto e viola i principi di correttezza e buona fede, sia nei confronti del datore di lavoro che dell’ente assicurativo, con rilevanza anche ai fini disciplinari”.
Tra le pronunce conformi, la sentenza della Corte di Cassazione n. 1394/2020, nella quale si evidenzia la necessità che vi sia una relazione diretta tra le concrete modalità di fruizione del permesso ed il soddisfacimento delle esigenze della persona disabile, che costituiscono il fondamento per il riconoscimento del diritto.
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