L’obbligo vaccinale imposto agli operatori sanitari non è incostituzionale

Nel marzo del 2022 il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana aveva sollevato questione di costituzionalità dell’art. 4, commi 1 e 2, del D.L. n. 44/2021, il quale impone l’obbligo vaccinale al personale sanitario e prevede la sospensione dall’incarico in caso di mancata somministrazione del vaccino.

La Corte siciliana doveva pronunciarsi sulla controversia tra uno studente – tirocinante di Infermieristica e l’Università di Palermo, in quanto il Rettore e il Direttore generale dell’Università avevano disposto che i tirocinanti avrebbero potuto proseguire l’attività solo qualora si fossero sottoposti a vaccinazione. Il giudice prospettava, dunque, un possibile contrasto tra le disposizioni concernenti l’obbligo vaccinale e l’art. 32 della Costituzione, il quale dispone che “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.

La Corte costituzionale, con sentenza n. 14/2023, in primo luogo afferma che, affinché un trattamento sanitario obbligatorio possa essere considerato compatibile con la Costituzione, è necessaria la presenza di tre elementi: a) il trattamento sanitario deve essere finalizzato alla tutela della salute sia dell’individuo che della collettività; b) esso non deve incidere negativamente sulla salute dell’interessato, salvi gli effetti tollerabili; c) in caso di ulteriori danni alla salute dell’interessato, anche conseguenti alla vaccinazione, deve essere previsto un indennizzo.

La Corte prosegue affermando che tutti i trattamenti sanitari presentano un rischio di conseguenze negative, anche gravi; per cui, sino a quando la scienza medica non consentirà la totale eliminazione del rischio, la decisione di imporre un trattamento sanitario obbligatorio spetterà solo al legislatore, il quale, tuttavia, dovrà effettuare una scelta ragionevole.

Il legislatore, in particolare, deve bilanciare gli interessi dell’individuo con gli interessi della collettività, di modo che il sacrificio della singola persona sottoposta al trattamento sanitario non sia sproporzionato. Nell’operare questo bilanciamento, il legislatore ha anzitutto preso in considerazione la situazione di fatto nella quale si versava nel 2021, ossia la condizione pandemica, richiedente una risposta tempestiva; in secondo luogo, il legislatore, secondo la Corte, ha fatto buon uso delle risultanze scientifiche disponibili in quel momento, alla luce delle quali il vaccino risultava non sperimentale, efficace e sicuro.

A detta della Corte costituzionale, la previsione di un obbligo vaccinale appariva dunque ragionevole e proporzionata, specie se rivolta al personale sanitario, in quanto avrebbe permesso di tutelare una delle categorie più esposte al contagio, di proteggere quanti sarebbero entrati a contatto con gli esercenti professioni sanitarie e di evitare l’interruzione di un servizio essenziale.

La scelta del legislatore risultava calibrata anche con riferimento alle conseguenze della mancata vaccinazione, che consistono in una semplice sospensione, con reintegro dell’operatore in caso di adempimento dell’obbligo vaccinale. Per tutti questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata la questione di costituzionalità dell’art. 4, commi 1 e 2, del D.L. n. 44/2021 rispetto all’art. 32 della Costituzione.

Foto di Klaus Nielsen