M.I.U.R. RISPONDE DEI DANNI SUBITI DAGLI ALUNNI DURANTE L’ORARIO SCOLASTICO

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Per l’aggressione subita da un alunno a scuola è responsabile il personale scolastico – e per esso – l’autorità amministrativa di appartenenza (M.I.U.R.).

Questo il principio stabilito dalla sentenza del Tribunale di Potenza n. 380/2021, che ha anche condannato il Ministero dell’Istruzione per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. per non aver supportato la propria posizione processuale nelle modalità e con gli strumenti consentiti dalla legge.

Nel caso in specie, un alunno era stato vittima di un episodio di bullismo realizzato ad opera di un compagno di classe e del quale l’insegnante aveva preso coscienza solo 45 minuti dopo l’accaduto, rinvenendo il minore con evidenti ecchimosi e graffi. I genitori, appreso dell’episodio solo al termine dell’orario scolastico, denunciavano il fatto alle autorità competenti, oltre a far refertare presso il locale Pronto Soccorso le lesioni riportate dal figlio.

Citavano quindi in giudizio il Ministero dell’Istruzione (MIUR) richiedendo il risarcimento dei danni patrimoniali e non subiti dal minore a causa dell’aggressione, in ragione della responsabilità ad esso spettante ex art. 2048. Il MIUR, costituendosi, contestava unicamente il proprio difetto di legittimazione passiva, sostenendo che la responsabilità dell’accaduto fosse da addebitare al singolo istituto scolastico ed ai genitori ex art. 2047 c.c.

A tal riguardo, il Tribunale ha osservato che il Ministero dell’Istruzione risponde delle condotte tenute dagli insegnanti durante l’orario scolastico, precisando che il personale docente si trova in rapporto organico con il MIUR e non con i singoli istituti. Pertanto, con riferimento alle azioni commesse dagli insegnanti, quand’anche siano riconducibili ad una culpa in vigilando, sussiste la legittimazione passiva del Ministero e non dell’Istituto presso cui questi svolgono la propria attività.

Inoltre, secondo quanto stabilito dall’art. 2048 c.c., la stessa Amministrazione risponde degli illeciti commessi dai minori sottoposti alla propria vigilanza durante l’orario scolastico. Tale responsabilità, presuntiva ed oggettiva, si qualifica come aggravata, in quanto per l’Amministrazione è possibile liberarsi dalla stessa unicamente fornendo la prova di non aver potuto impedire il fatto. Nel caso in specie, la parte convenuta non ha fornito alcuna prova liberatoria volta a dimostrare di aver adottato tutte le misure di sorveglianza idonee ad evitare l’accaduto.

Con riferimento alla richiesta di risarcimento dei danni subiti dal minore, il Tribunale ha riconosciuto la sussistenza di danni patrimoniali quantificati sulla base delle cure affrontate.

Inoltre, è stato riconosciuto il danno da lesione all’integrità psico-fisica, individuato, come da perizia del CTU medico legale, in una lievissima invalidità permanente (pari all’1%) ed in una breve invalidità temporanea. Il Tribunale non ha invece riscontrato i presupposti per la personalizzazione del danno, in difetto di specifiche condizioni  ulteriori rispetto a quelle ordinariamente conseguenti alla menomazione.

Con riferimento al danno morale, il Tribunale ha sottolineato come questo sia da considerare voce autonoma e non compresa nel danno biologico e da indentificare quale “rappresentazione di uno stato d’animo di sofferenza interiore, che prescinde del tutto dalle vicende dinamico-relazionali della vita del danneggiato”. Tale condizione interiore può consistere in forti reazioni emotive del soggetto o cambiamenti nel comportamento o nelle modalità di adattamento dello stesso. Al fine di provare la sussistenza del danno morale risulta sufficiente l’esistenza di criteri presuntivi. Nel caso in specie, il Tribunale ha sottolineato che il notevole tempo trascorso prima che l’alunno fosse ritrovato dall’insegnante, oltre alla mancata frequenza delle lezioni nei giorni successivi ed all’intenzione del minore di cambiare istituto dimostra il turbamento d’animo dello stesso. Inoltre, al momento del fatto, l’alunno era nel pieno dell’età evolutiva, in cui i rapporti sociali nell’ambiente frequentato assumono particolare rilevanza. Sulla base di quanto sopra, è stata riconosciuta la sussistenza e la risarcibilità del danno morale.

In relazione alla liquidazione dei danni, il Tribunale si è adeguato alle nuove modifiche apportate alle tabelle milanesi, secondo le quali la maggiorazione a titolo di danno morale è calcolata in misura standard nel 25% sul valore-punto del danno biologico e che tale ultima voce può essere ulteriormente maggiorata per personalizzazione fino al 50%.

Infine, il Tribunale ha ritenuto sanzionabile d’ufficio la condotta processuale tenuta dal MIUR per abuso di strumento processuale, sulla base di quanto stabilito dall’art. 96 co.3 c.p.c. Il Tribunale ha ritenuto infatti che tale norma debba essere applicata al soggetto che “resista in giudizio pur essendo consapevole della infondatezza delle proprie pretese, con pregiudizio sia per la controparte che per il buon andamento della giustizia”. È condannabile, dunque, la parte che resista in maniera pretestuosa senza addurre alcuna plausibile ragione a proprio sostegno. Nel caso in specie, il MIUR aveva provveduto a contestare unicamente il proprio difetto di legittimazione, nonostante la concorde giurisprudenza contraria a tale posizione. Inoltre, a supporto della propria tesi, l’Amministrazione non aveva richiesto mezzi istruttori, né aveva contestato la controversia nel merito o in ordine all’an né circa il quantum debeatur né, infine, aveva formulato alcuna una offerta transattiva.

Per le ragioni sopra esposte, il Tribunale ha condannato il Ministero dell’Istruzione al risarcimento del danno biologico e del danno morale patito dal minore, oltre al pagamento in via equitativa di una somma dovuta per la resistenza temeraria.

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