TUTELA RAFFORZATA AL MARCHIO NOTORIO AL DI LÀ DEL SEMPLICE RISCHIO DI “CONFUSIONE” TRA I PRODOTTI

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La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 27217/2021, ha accolto con rinvio il ricorso di una celebre casa di moda fiorentina, che aveva chiesto l’annullamento per “difetto di novità” della registrazione di due marchi da parte di una società cinese, ritenendo fossero frutto di contraffazione.

In sede di merito, la Corte di Appello di Firenze non aveva riconosciuto tutela al marchio notorio, ravvisando l’insussistenza di una somiglianza tra il detto marchio e il segno posteriore tale da indurre in errore il consumatore “medio”. In particolare, aveva escluso ogni eventuale rischio di confusione sulla base del fatto che i marchi riferibili alla società cinese presentassero alcuni tratti distintivi rispetto al noto brand, osservando ulteriormente che “l’alta rinomanza del marchio (…) offra un ulteriore argomento a conferma dell’insussistenza del rischio di confusione ed associazione, essendo l’acquirente medio dei prodotti (…) un soggetto qualificato”.

Avverso tale sentenza, la società titolare del marchio notorio ha proposto ricorso per Cassazione.

La Suprema Corte ha censurato la sentenza impugnata per aver omesso di considerare la tutela specifica rafforzata prevista per i marchi notori dall’art. 20, lett. c) del D. Lgs. n. 30/2005 (“il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell’attività economica … (lett. c)… un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini, se il marchio registrato goda nello stato di rinomanza e se l’uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi”) e per aver trascurato gli sviluppi della giurisprudenza comunitaria, secondo cui per aversi violazione non è necessario un rischio di confusione, essendo sufficiente anche un semplice nesso tra il segno e il marchio.

Più in particolare, ha precisato che: “(…) non vi è dubbio che una estesa commercializzazione di prodotti recanti segni identici o simili a marchi rinomati possa fondatamente cambiare le abitudini della clientela cui tali articoli sono normalmente indirizzati, soprattutto di quella che è orientata all’acquisto per il carattere esclusivo del prodotto, per l’elevatissimo target del medesimo, la quale, per non incorrere nel rischio che il suo costoso accessorio di lusso possa essere confuso con uno contraffatto, può dirigersi verso altre marche altrettanto rinomate”.

Secondo la legge italiana, per far valere la tutela specifica rafforzata del titolare del marchio non è richiesta la sussistenza, quale requisito, del rischio di confusione ma, che il contraffattore possa trarre indebito vantaggio dalla rinomanza del brand anteriore, recando pregiudizio allo stesso.

Il pregiudizio alla notorietà si verifica quando i prodotti per i quali il marchio identico o simile è usato dal terzo venga percepito dai consumatori “in modo tale che il potere di attrazione del marchio ne risulti compromesso”.

Per indebito vantaggio, invece, deve intendersi il “parassitismo” del titolare del marchio contraffatto che, godendo della notorietà, reputazione e prestigio del brand rinomato, non operi alcuno sforzo commerciale, non riconoscendo per giunta alcun corrispettivo economico volto a compensare l’impegno messo in atto dal titolare del marchio noto per crearlo e mantenerne l’immagine.

Pertanto, è irrilevante che coloro che sono soliti acquistare prodotti del noto brand possano essere indotti in errore in ordine all’articolo con marchio contraffatto, potendo quest’ultimo “indirizzarsi a quei consumatori che lo scelgono in modo consapevole non per le sue caratteristiche, decorative o di materiale, intrinseche, ma solo per la sua forte somiglianza a quello celebre”.

La Corte di Cassazione ha precisato che, al fine di accertare la sussistenza dell’indebito vantaggio tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio, occorra tener conto di tutti gli elementi rilevanti nel caso di specie. Tra questi, “l’intensità della notorietà e il grado del carattere distintivo del marchio, il grado di somiglianza fra i marchi in conflitto, nonché la natura e il grado di prossimità dei prodotti o servizi interessati”.

Per tali motivi, la Suprema Corte ha disposto l’accoglimento del ricorso cassando la sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Firenze.

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