La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24564 del 4 settembre 2025, torna a pronunciarsi sul delicato tema dei controlli difensivi effettuati dal datore di lavoro tramite agenzie investigative, ribadendo principi centrali nel bilanciamento tra esigenze aziendali e diritti fondamentali del lavoratore.
La vicenda riguardava un dipendente licenziato per giusta causa a seguito di accertamenti che ne avevano rivelato gravi condotte fraudolente: falsi report sull’orario di inizio e fine attività, lunghe soste immotivate in auto durante l’orario di lavoro e utilizzo dell’auto aziendale per fini personali. Il tutto era stato documentato grazie alle indagini di un’agenzia investigativa.
Richiamando un consolidato orientamento, la Cassazione ha ribadito che i controlli investigativi non possono riguardare l’adempimento ordinario della prestazione lavorativa (vietati dall’art. 2 Statuto dei lavoratori), ma possono essere legittimamente attivati per accertare condotte illecite, anche potenzialmente fraudolente o penalmente rilevanti.
La Corte afferma con chiarezza che i controlli difensivi “possono avere ad oggetto il compimento di atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell’obbligazione contrattuale” (Cass. n. 9167/2023; Cass. n. 6468/2024).
Particolarmente interessante è il richiamo della Corte al principio per cui l’avvio dei controlli non può essere arbitrario o meramente esplorativo: “L’avvio dell’attività di controllo per mezzo dell’agenzia investigativa non è frutto di un’iniziativa arbitraria ed estemporanea del datore di lavoro, bensì è conseguenza delle incongruenze riscontrate nel rendimento specifico del dipendente” (Cass. 24564/2025).
Nel caso di specie, la società aveva rilevato un rendimento inferiore rispetto agli altri colleghi e incongruenze tra gli orari dichiarati e quelli effettivi. Tali elementi hanno giustificato l’intervento investigativo.
La Corte ha inoltre ribadito che i controlli devono sempre rispettare la dignità e la riservatezza del dipendente, richiamando l’art. 8 CEDU e la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Come sottolineato, occorre assicurare “un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali (…) rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore” (Cass. 24564/2025).
Foto di Antoni Shkraba Studio da Pexels