ATTRIBUZIONE DEI BUONI PASTO NEGATA AL DIPENDENTE? LA RINUNCIA ALLA PAUSA PRANZO NE ESCLUDE LA RICEZIONE

Condizione essenziale per l’attribuzione dei buoni pasto è la concreta fruizione della pausa durante l’orario di lavoro

Con una recente pronuncia, la Corte di Cassazione si è espressa in merito al diritto del lavoratore di fruire dei cosiddetti buoni pasto (Cass. civ. ordinanza n. 22985/2020).

Nello specifico, tale diritto spetterebbe ai dipendenti che svolgono la propria attività secondo un orario di lavoro ordinario superiore alle sei ore, all’interno del quale usufruiscono di una pausa volta alla consumazione del pranzo, per cui la Corte Suprema sottolinea come l’effettuazione della pausa pranzo sia condizione necessaria al fine di ricevere l’attribuzione dei buoni pasto.

Nell’ordinanza sopra menzionata, la Corte di Cassazione ha peraltro sottolineato che il diritto alla fruizione dei buoni pasto ha natura assistenziale e non retributiva, per cui lo stesso non è parte della retribuzione normale spettante al lavoratore, ma consiste in un’agevolazione strettamente legata al disagio subito dal dipendente, il quale, in base al proprio orario di lavoro, non abbia la possibilità di consumare il pasto nella propria casa. Individuando quindi i presupposti sulla base dei quali sorge il diritto del dipendente all’attribuzione dei suddetti buoni pasto, particolare rilievo viene riconosciuto alla circostanza secondo la quale tale pausa pranzo sia effettivamente fruita in concreto.

Nel caso in esame è stato quindi stabilito che la dipendente, la quale aveva rinunciato alla pausa pranzo al fine di poter terminare anticipatamente la propria attività lavorativa, non usufruendo concretamente della suddetta pausa, non fosse legittimata a ricevere l’attribuzione dei buoni pasto, non essendo integrati gli estremi per cui tale diritto venisse riconosciuto.

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