Blocco dei licenziamenti e dirigenti, la questione alla Corte costituzionale

Il Decreto Legge n. 104/2020, noto anche come Decreto “Agosto”, venne introdotto per far fronte all’emergenza sanitaria ed economica causata dalla pandemia di COVID-19. In particolare, l’art. 14 del decreto in questione imponeva ai datori di lavoro il divieto di comminare licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e licenziamenti collettivi. Scopo del decreto era di evitare che le conseguenze economiche della pandemia generassero una soppressione immediata di posti di lavoro.

Tuttavia, il divieto di licenziamento individuale non si applicava ai dirigenti.

Infatti, la disciplina dei licenziamenti dei dirigenti è distinta da quella applicabile agli altri lavoratori subordinati: i dirigenti godono di una tutela differenziata, che riflette la natura fiduciaria e strategica del loro ruolo all’interno delle aziende; ne consegue una maggiore libertà per il datore di lavoro di risolvere il rapporto di lavoro del dirigente, il che non implica, però, che il licenziamento del dirigente possa avvenire arbitrariamente, in quanto è comunque necessario un elemento di giustificatezza.

La nozione di ‘giustificatezza’ è diversa rispetto alla nozione di ‘giustificato motivo oggettivo’: dato che l’art. 14 D.L. 104/2020 usa quest’ultima espressione, ne consegue che il blocco è limitato ai licenziamenti individuali dei lavoratori non dirigenti.

Tuttavia, la norma da un lato rendeva possibile licenziare individualmente un dirigente, dall’altro vietava i licenziamenti collettivi che coinvolgessero dirigenti. Proprio tale circostanza ha portato la Corte di Cassazione a ritenere che la norma violasse l’art. 3 della Costituzione, in quanto disposizione irragionevole.

La Corte, pronunciandosi sul punto con sentenza n. 15025 del 29 maggio 2024, rileva una decisiva asimmetria di tutela: mentre per i lavoratori non dirigenti si ha una tutela globale, riguardante sia i licenziamenti individuali che i licenziamenti collettivi, nei confronti dei dirigenti la tutela si limita ai soli licenziamenti collettivi.

Questa diversità di trattamento, a detta della Corte, non può reputarsi ragionevole, in quanto, se il fine del D.L. 104/2020 è di fronteggiare un momento di crisi sociale ed economica, la tutela del dirigente solo sul fronte del licenziamento collettivo non è adeguata alla realizzazione di questo fine. Peraltro, la disposizione perde di senso se si pensa che il divieto di licenziamento individuale di un dirigente è sicuramente meno gravoso per il datore di lavoro rispetto a un licenziamento collettivo.

Ne consegue una lacuna normativa e di tutela nei confronti dei dirigenti individualmente licenziati; lacuna che non può essere colmata attraverso una diversa interpretazione della norma, in quanto il significato letterale della stessa è chiaro nel limitare il divieto ai licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo, ossia ai soli licenziamenti dei lavoratori non dirigenti.

La questione viene dunque rimessa alla Corte costituzionale, la quale dovrà valutare la costituzionalità dell’art. 14 D.L. 104/2020 nella parte in cui non estende il divieto di licenziamento individuale al dirigente.

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