CASSAZIONE CIVILE, SEZ. LAVORO, ORDINANZA N. 18960/2020
LICENZIAMENTO PER SUPERAMENTO DEL PERIODO DI COMPORTO

Con l’ordinanza n. 18960/2020, la Corte di Cassazione ha stabilito il principio che segue.

Il licenziamento per superamento del periodo di comporto non può essere considerato tardivo quando il datore agisca nell’ambito di un periodo di tempo idoneo a valutare la compatibilità della malattia del dipendente con gli interessi aziendali.

Nel caso specifico, il lavoratore aveva contestato il licenziamento in quanto intimato a distanza di mesi rispetto alla maturazione del periodo di comporto. Il datore di lavoro aveva giustificato tale periodo come utile a verificare la compatibilità della malattia con la prosecuzione dell’attività, che in seguito ad un’ulteriore assenza, è risultata definitivamente compromessa.

A tal riguardo, la Corte di Appello si era espressa ritenendo tale spatium deliberandi non fosse eccessivo, per cui non poteva essere ravvisata alcuna inerzia del datore di lavoro.

Per tale motivo, il lavoratore aveva sollevato ricorso davanti alla Corte di Cassazione, affermando che tale intimazione avrebbe dovuto essere preceduta da una comunicazione della prossima scadenza del periodo di comporto; della verifica che il datore avrebbe realizzato – al rientro del lavoratore in azienda – in relazione alla idoneità dello stesso rispetto alle mansioni svolte; dell’avviso che ulteriori assenze avrebbero causato il recesso del datore e della possibilità di avvalersi dell’aspettativa.

A fronte di tali censure, la Corte ha ribadito che la tempestività del licenziamento non può essere considerata come un elemento oggettivo legato meramente ad un dato cronologico, ma deve essere valutato in base alle circostanze e al contesto in cui tale azione viene realizzata. Con riferimento a ciò, è stato individuato in capo al lavoratore l’onere di provare che tale periodo di tempo abbia superato i limiti della ragionevolezza e adeguatezza.

Inoltre, mentre nel licenziamento disciplinare il licenziamento deve essere immediatamente intimato, nel licenziamento in questione risulta necessario effettuare un bilanciamento tra l’interesse del lavoratore alla prosecuzione dell’attività e la possibilità per il datore di valutare l’effettiva sostenibilità delle assenze in relazione agli interessi aziendali, usufruendo di un adeguato spatium deliberandi.

È stato peraltro chiarito che il datore non è tenuto a comunicare l’imminente scadenza del periodo di comporto, non essendo questo un obbligo contrattuale, né ad indicare strumenti alternativi all’assenza per malattia, quali la fruizione di ferie o la richiesta di aspettativa, considerando, peraltro, che tali strumenti avrebbero falsato la valutazione del datore relativa all’idoneità del lavoratore allo svolgimento delle mansioni assegnate.

Per tale motivo la Corte ha considerato giustificato il comportamento del datore di lavoro che per un determinato periodo di tempo valuti la compatibilità tra la malattia del lavoratore l’interesse aziendale, comunicando un eventuale licenziamento per superamento del periodo di comporto dopo aver effettuato la suddetta valutazione.

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