La Corte di Cassazione, con sentenza n. 8628/2022, ha stabilito che in caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto per sommatoria, non si può tener conto delle assenze non indicate nella lettera di licenziamento.
Nel caso di specie, una dipendente del Ministero dell’Interno è stata licenziata per superamento del periodo di comporto per “sommatoria”.
Pertanto, la lavoratrice conveniva il Ministero datore di lavoro innanzi al Tribunale di Udine il quale, al termine del giudizio di opposizione, accoglieva il ricorso volto ad ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato e la condanna alla reintegra nel posto di lavoro, oltre che al risarcimento del danno.
La Corte di Appello di Trieste, nel confermare la decisione di primo grado, disponeva il rigetto del reclamo proposto nei confronti della lavoratrice, rilevando che ad avviso del Tribunale qualora il datore di lavoro avesse specificato nel provvedimento espulsivo le giornate di assenza, non avrebbe potuto ex post modificarle.
In particolare, con riguardo al periodo dal 15 al 26 luglio 2012 si è ritenuto che tali assenze non potessero essere conteggiate per il superamento del periodo di comporto, in quanto indicate come “ingiustificate” e pertanto, non rilevanti ai fini del licenziamento.
Avverso la pronuncia della Corte di Appello di Trieste, ha proposto ricorso per cassazione il Ministero, cui ha resistito con controricorso il lavoratore.
Questi i principi espressi dalla Suprema Corte con sentenza n. 8628/2022.
La Corte ha ritenuto indubbio che il periodo di comporto stabilito fosse di 484 giorni, considerando controversa la questione attinente all’inclusione o meno, ai fini del superamento di detto limite temporale, dei 12 giorni relativi al periodo dal 15 al 26 luglio 2012.
Al riguardo, la Corte territoriale ha ritenuto le assenze relative al citato arco temporale non giustificate e, dunque, non computabili ai fini del superamento del periodo di comporto.
Peraltro, la Corte di Appello ha sostenuto che, nel caso di superamento di detto periodo, il datore di lavoro non è tenuto a specificare i singoli giorni di malattia considerati. Tuttavia, ove l’Amministrazione abbia già precisato, in sede di decreto, le assenze prese in considerazione non è poi possibile modificare o aggiungere ulteriori giorni.
Inoltre, la Suprema Corte ha ribadito che in tema di licenziamento per superamento del periodo di comporto, il datore di lavoro non è obbligato a specificare le singole assenze, essendo sufficienti delle indicazioni più complessive in base alla Legge n. 604/1966. Tuttavia, tale principio vale per il comporto c.d. “secco”, ovvero unico e ininterrotto, per il quale i giorni di assenza solo più facilmente calcolabili; invece, nel periodo c.d. per “sommatoria”, ovvero con assenze plurime e frammentate, è necessaria la specifica indicazione dei giorni di assenza computati.
Peraltro, in caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto, si applica la regola generale relativa all’impossibilità di modificare ex post le ragioni alla base del motivo di licenziamento e poste a garanzia del lavoratore. Pertanto, ai fini del superamento del suddetto periodo, non possono essere prese in considerazione le assenze non indicate all’interno della lettera di licenziamento, qualora il lavoratore lo abbia contestato e laddove si tratti di comporto per “sommatoria”.
Sulla base dei suesposti motivi, la Corte ha disposto il rigetto del ricorso.
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