Giusta causa e colpa grave: la Suprema Corte chiarisce i confini

Con l’ordinanza n. 2586 del 3 febbraio 2025, la Corte di Cassazione ha precisato che non ogni comportamento qualificabile come colpa grave è automaticamente idoneo a integrare una giusta causa di licenziamento.

La vicenda esaminata dalla Corte trae origine dal licenziamento di una lavoratrice per l’uso improprio dei permessi ex L. 104/1992, accertato attraverso indagini investigative e testimonianze. Secondo il datore di lavoro, la dipendente avrebbe dedicato solo una minima parte del tempo concesso per l’assistenza al familiare disabile, impiegando il resto in attività personali.

La Corte d’Appello di Brescia aveva confermato la legittimità del licenziamento, ritenendo che il comportamento della lavoratrice integrasse una colpa grave tale da giustificare la cessazione immediata del rapporto di lavoro.

La lavoratrice ha impugnato la sentenza, sostenendo che la Corte d’Appello avesse erroneamente assimilato la colpa grave alla giusta causa di licenziamento, senza effettuare una valutazione complessiva delle circostanze, tra cui il suo stato di gravidanza. La difesa ha invocato il principio secondo cui la giusta causa di licenziamento richiede una valutazione della proporzionalità della sanzione rispetto al comportamento contestato.

La Cassazione ha accolto il ricorso sul punto cruciale della differenza tra colpa grave e giusta causa, chiarendo che quest’ultima non può essere automaticamente desunta dalla semplice esistenza di una condotta gravemente negligente. Nella motivazione, la Corte ha ribadito che:

“Per accertare la ‘colpa grave’ della lavoratrice ai sensi dell’art. 54, comma 3, lett. a), del D.Lgs. 151/2001, non è sufficiente dimostrare la sussistenza di una giusta causa di licenziamento, ma è necessario verificare se sussista quella specifica colpa, caratterizzata da un connotato di gravità ulteriore rispetto alle normali ipotesi di inadempimento sanzionate con la risoluzione del rapporto.”

Il principio enunciato si fonda su un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, che impone al datore di lavoro un onere probatorio rafforzato per dimostrare la gravità eccezionale della condotta. In tal senso, la Corte ha richiamato la sentenza della Corte Costituzionale n. 61/1991, sottolineando che la valutazione della colpa grave deve tenere conto del comportamento complessivo della lavoratrice, nonché di eventuali condizioni personali che possano aver inciso sulla sua condotta.

Pertanto, il principio di proporzionalità, in casi come quello di specie, impone ai giudici di merito di valutare attentamente tutte le circostanze del caso prima di ritenere sussistente una giusta causa di licenziamento, evitando automatismi che potrebbero penalizzare il lavoratore.

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