Gli ordini extraterritoriali a tutela del diritto all’oblio

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Frutto delle elaborazioni dottrinarie e giurisprudenziali, il diritto all’oblio può sinteticamente ed efficacemente definirsi come il diritto di ciascun individuo ad essere dimenticato.

Nel concreto, il diritto all’oblio consiste nel non rimanere esposti senza limiti di tempo ad una rappresentazione non più attuale della propria persona con pregiudizio alla reputazione ed alla riservatezza, a causa della ripubblicazione, a distanza di un importante intervallo temporale, di una notizia relativa a fatti del passato (Cass. civ., sez. I, n. 9147/2020)

La tutela di tale diritto, ora espressamente menzionato dall’art. 17 del Regolamento UE n. 2016/679 (GDPR), viene affidata in primo luogo all’ autorità amministrativa indipendente, il Garante per la protezione dei dati personali o Garante Privacy, che ha il compito di assicurare il rispetto dei diritti dell’individuo nel trattamento dei dati personali.

Come chiarito dalla Corte di Giustizia, “l’attività di un motore di ricerca consistente nel trovare informazioni pubblicate o inserite da terzi su Internet, nell’indicizzarle in modo automatico, nel memorizzarle temporaneamente e, infine, nel metterle a disposizione degli utenti di Internet secondo un determinato ordine di preferenza, deve essere qualificata come “trattamento di dati personali” (…), qualora tali informazioni contengano dati personali, e che, dall’altro lato, il gestore di detto motore di ricerca deve essere considerato come il “responsabile” del trattamento summenzionato (…)” (C-131/12 – sentenza del 13.05.2014).

Ne consegue che tale attività deve effettuarsi nel rispetto dei diritti garantiti dalle norme in materia di protezione dei dati personali e che il Garante, su richiesta dell’interessato che intenda tutelare il proprio diritto all’oblio, possa ordinare al gestore del motore di ricerca la rimozione o deindicizzazione, dall’elenco di risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona, dei link verso pagine web pubblicate da terzi e contenenti informazioni relative a tale persona.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34658 del 24 novembre 2022, ha affrontato la problematica relativa alla potenziale portata extraterritoriale dei provvedimenti nazionali di rimozione o deindicizzazione dei dati personali.

Nel caso di specie, un soggetto aveva fatto ricorso al Garante Privacy lamentando che il proprio diritto all’oblio era pregiudicato dalla perdurante diffusione nel web di notizie non aggiornate circa un procedimento penale in cui era stato coinvolto, conclusasi con decreto di archiviazione da parte del G.I.P. per infondatezza della notizia del reato.

Nell’accogliere il ricorso, atteso che il ricorrente aveva dichiarato di essere residente e titolare di interessi professionali al di fuori dell’Europa, il Garante ordinava a Google LLC di rimuovere gli URL (Uniform Resource Locator) oggetto di richiesta anche dalle versioni extraeuropee del motore di ricerca.

Il provvedimento del Garante veniva impugnato da Google innanzi al Tribunale di Milano; i giudici, accogliendo parzialmente il ricorso della società, limitava la portata dell’ordine di rimozione del Garante alle sole versioni nazionali del motore di ricerca corrispondenti agli Stati membri dell’Unione Europea.

A giudizio del Tribunale, infatti, la legge italiana non prevedeva alcuna disposizione che permettesse l’applicazione extraterritoriale della legge sui dati personali e dei provvedimenti del Garante; sottolineava inoltre come il richiedente non avesse motivato adeguatamente il proprio interesse all’estensione globale della misura richiesta.

Per la cassazione della sentenza del Tribunale meneghino ha proposto ricorso l’Autorità Garante.

La Suprema Corte ha preliminarmente osservato che il diritto di ogni persona all’oblio, strettamente collegato al diritto alla riservatezza e all’identità personale, deve essere bilanciato con il diritto della collettività all’informazione: la menzione degli elementi identificativi delle persone in relazione a fatti e vicende del passato è lecita solo nell’ipotesi in cui si riferisca a personaggi che destino nel momento presente l’interesse della collettività; in caso contrario, prevale il diritto degli interessati alla riservatezza rispetto ad avvenimenti del passato che li feriscano nella dignità e nell’onore.

Peraltro, nel caso di notizia pubblicata sul web, la tutela del diritto all’oblio può trovare soddisfazione anche nella sola deindicizzazione dell’articolo dai motori di ricerca, una soluzione idonea a non compromettere l’interesse pubblico alla conservazione della notizia per finalità storico-sociale e documentaristica.

In tema di ordini extraterritoriali a tutela del diritto all’oblio, i giudici di legittimità richiamano la decisione della Corte di Giustizia sul cosiddetto “caso CNIL”.

In tale pronuncia i giudici lussemburghesi avevano precisato che il gestore di un motore di ricerca che accolga una domanda di deindicizzazione non è tenuto a compiere tale operazione in tutte le versioni del suo motore di ricerca, ma deve limitarsi ad adempiere a tale obbligo nel territorio nel territorio dell’Unione Europea.

Tuttavia, il diritto comunitario non vieta agli Stati membri di consentire tale risultato: “un’autorità di controllo o un’autorità giudiziaria di uno Stato membro resta competente ad effettuare, conformemente agli standard nazionali di protezione dei diritti fondamentali un bilanciamento tra, da un lato, il diritto della persona interessata alla tutela della sua vita privata e alla protezione dei suoi dati personali e, dall’altro, il diritto alla libertà d’informazione e, al termine di tale bilanciamento, richiedere, se del caso, al gestore di tale motore di ricerca di effettuare una deindicizzazione su tutte le versioni di suddetto motore” (C-507/17 – sentenza del 24.09.2019).

La Corte di Cassazione ritiene che l’ordinamento costituzionale italiano, anche in ragione delle modalità liquide e pervasive della circolazione dei dati su internet, non tolleri limitazioni territoriali all’esplicazione della tutela assicurata al diritto della persona all’oblio e quindi consenta al Garante (o giudice), all’esito della predetta operazione di bilanciamento, di ordinare al gestore di un motore di ricerca di effettuare una deindicizzazione su tutte le versioni, anche extraeuropee, del suddetto motore.

Enunciato tale principio di diritto, la Corte poi censura la valutazione operata dal Tribunale di Milano che, pur avendo provveduto ad eseguire il bilanciamento, aveva ritenuto che il richiedente non avesse fornito sufficienti elementi per giustificare la propria richiesta di protezione del diritto all’oblio anche con riferimento ai motori di ricerca extraeuropei.

La Corte, quindi, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, respinge il ricorso di Google LLC nei confronti del provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali.

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