Un importante riconoscimento giuridico al valore sociale ed economico rivestito dal lavoro casalingo si è avuto con l’approvazione della Legge n. 493/1999, che ha previsto l’istituzione dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni domestici.
Sono soggette all’obbligo di iscrizione all’assicurazione, presso un Fondo autonomo speciale istituito presso l’INAIL, le persone che svolgono in via esclusiva attività di lavoro domestico, intendendosi per tale quello prestato nell’ambito domestico, senza vincolo di subordinazione e a titolo gratuito, finalizzato alla cura delle persone e dell’ambiente domestico.
Al fine di circoscrivere l’ambito applicativo della legge, l’art. 6, comma 2, lettera b), definisce l’ambito domestico come “l’insieme degli immobili di civile abitazione e delle relative pertinenze ove dimora il nucleo familiare dell’assicurato”.
La Corte costituzionale, con sentenza del 28 luglio 2022, si è pronunciata sulle questioni di legittimità costituzionale di questa norma sollevate dalla Corte d’appello di Salerno.
Nel caso di specie, il marito di una donna deceduta a causa di un incidente avvenuto nell’abitazione dei genitori, dove si era recata per prestare assistenza, aveva presentato all’INAIL una domanda per ottenere la rendita da infortunio e l’assegno funerario che egli riteneva spettargli, in quanto la moglie era titolare dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni domestici.
A fronte del diniego opposto dall’Ente, l’uomo aveva adito le vie giudiziali ma si era visto respingere le proprie ragioni dal giudice di prima istanza. In secondo grado la Corte d’appello di Salerno, posto che risultava incontestata la non convivenza dell’assicurata presso l’abitazione dei genitori e ritenendo inequivocabile il tenore letterale nel limitare l’applicazione della tutela assicurativa agli infortuni occorsi nel luogo di dimora del nucleo familiare dell’assicurato, escludeva che se ne potesse dare un’interpretazione estensiva e rimetteva la decisione al Giudice delle leggi.
A giudizio del rimettente, infatti, la disposizione censurata definirebbe in modo discriminatorio l’ “ambito domestico”, escludendo dallo stesso il luogo di dimora degli altri familiari non conviventi, anche se bisognosi di assistenza domestica (art. 3 Cost.).
Tale limitazione confliggerebbe anche con le norme costituzionali volte a valorizzare e tutelare l’attività domestica-familiare quale prestazione lavorativa (artt. 35 e 38 Cost.), nonché con i doveri di solidarietà generazionale, propri della famiglia e dei rapporti tra genitori e figli (artt. 2 e 29 Cost.).
Costituitosi in giudizio, l’INAIL chiedeva che venisse dichiarata l’inammissibilità della questione.
La Corte costituzionale ha sottolineato, preliminarmente, che i rilievi di illegittimità costituzionale svolti attengono alle politiche di welfare statale dirette alla creazione di una rete di servizi e benefici a sostegno dei cittadini impegnati in favore delle persone inabili e non autosufficienti.
Invece, pur presentando indubbi profili di convergenza, lo strumento assicurativo contro il rischio di infortuni domestici si colloca nel quadro delle tutele previdenziali, essendo un meccanismo diretto a precostituire i mezzi necessari a soddisfare bisogni futuri del prestatore di lavoro. In particolare, la garanzia assicurativa prevista dalla legge n. 493/1999 non copre tutti gli incidenti che si verificano negli ordinari luoghi di vita dell’assicurato, ma solamente quelli che derivano dal lavoro svolto in un ambito spaziale connotato da “convivenze familiari integrate, quanto meno, da comuni regole di vita e condivisioni di mezzi” e ciò in ragione del riconosciuto valore economico e sociale della prestazione.
La questione sollevata dal giudice rimettente è inammissibile perché richiederebbe una riforma di sistema che non può che essere rimessa alla discrezionalità del legislatore, risultando prospettabili una pluralità di soluzioni quanto a soggetti e contesti assicurabili.
Proprio nell’ottica di un futuro intervento legislativo volto ad ampliare le categorie dei destinatari di tale tutela assicurativa e al fine di evitarne un utilizzo in frode, la Consulta suggerisce di prevedere un obbligo di registrazione per i “caregivers“, quali fruitori di polizza, che operino per persone in situazione di comprovato bisogno.
Foto di Gustavo Fring