IL DECESSO DEL CONIUGE NON DETERMINA L’IMPROSEGUIBILITÀ DEL GIUDIZIO DI REVISIONE DELL’ASSEGNO DIVORZILE

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza n. 20495 del 24 giugno 2022, si sono pronunciate sulle conseguenze processuali e sostanziali derivanti dal decesso del coniuge nel corso del giudizio di revisione dell’assegno divorzile.

Tale pronuncia origina dal ricorso presentato dall’ ex coniuge obbligato al pagamento dell’assegno di divorzio avverso la decisione della Corte di Appello di Messina che, in sede di reclamo, non aveva accolto la domanda di revoca dell’assegno – fondata sulla circostanza di un consistente incremento del patrimonio dell’ex coniuge beneficiaria dell’assegno – ma aveva leggermente ridotto l’importo mensile del medesimo. Il decreto della Corte territoriale veniva impugnato, in particolare, per violazione o falsa applicazione delle norme relative all’attribuzione dell’assegno divorzile, nonché per omessa motivazione circa il quantum della riduzione operata.

Avviato il giudizio di cassazione dinanzi la sezione VI, la controricorrente depositava istanza di interruzione del giudizio per sopravvenuto decesso dell’ex marito. La questione circa la proseguibilità o meno del giudizio di revisione veniva quindi rimessa alle Sezioni Unite.

Anzitutto, i giudici di legittimità hanno mosso alcune considerazioni generali ma necessarie sulle caratteristiche e le finalità del procedimento di divorzio e di quello di revisione dell’assegno.

Il processo di divorzio ha una duplice finalità: – mira a realizzare il diritto potestativo di ciascun coniuge alla riconquista dello status di soggetto non coniugato; – tutela le primarie esigenze della parte economicamente meno solida della coppia (nonché dei figli della coppia, qualora vi siano).

La definizione della questione di status non richiede un complesso accertamento e, pertanto, il giudice può emettere una sentenza parziale relativa allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio e poi proseguire il processo per decidere gli ulteriori aspetti.

La sentenza sullo status, qualora non sia oggetto di appello immediato ovvero al rigetto dello stesso, diviene definitiva e non più modificabile.

La tutela dei diritti fondamentali del coniuge economicamente più debole si realizza, principalmente, con la decisione sull’attribuzione e sul quantum dell’assegno divorzile. Con tale decisione, che conclude il procedimento di divorzio, il giudice “traduce nel linguaggio della corrispettività quanto i coniugi abbiano compiuto, durante la vita comune, nello spirito della gratuità”.

Tuttavia, su tale ultima sentenza si forma un giudicato “rebus sic stantibus”: la legge consente alle parti di chiedere ed ottenere, mediante l’attivazione di un procedimento ad hoc, la revoca o la modifica della misura dell’assegno al sopravvenire di mutamenti delle condizioni economiche degli ex coniugi.

Posto che la decisione sull’assegno è sempre rivedibile – e stante in ogni caso la immodificabilità della decisione sullo status -il venir meno di una delle parti nel corso del giudizio di revisione non comporta la declaratoria di improseguibilità dello stesso.

In un caso come quello di specie, gli eredi subentrano nella posizione del coniuge ricorrente e nelle azioni da questi avviate:
– nell’azione di accertamento di non debenza dell’assegno a decorrere dalla domanda sino al decesso;
– nell’azione di ripetizione dell’indebito per la restituzione delle somme non dovute.

Enunciato tale principio di diritto e chiarita l’inapplicabilità dell’istituto dell’interruzione, il Collegio delle Sezioni Unite ha valutato fondati i motivi di ricorso presentati e, conseguentemente, ha cassato il decreto impugnato e rinviato alla Corte d’appello – in diversa composizione – per la prosecuzione del giudizio.

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