Licenziamento per abuso di permessi sindacali, la ripartizione dell’onere della prova

Il giudice che, a fronte di un quadro probatorio sfavorevole al lavoratore, pretenda dallo stesso la dimostrazione di aver effettivamente svolto attività sindacale durante la fruizione dei permessi, non si pone in contrasto con i principi in materia di onere della prova.

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con ordinanza n. 17287 del 27/05/2022, ha rigettato il ricorso presentato da un rappresentante per la sicurezza dei lavoratori, il quale era stato licenziato per utilizzo improprio dei permessi sindacali accordatigli, fruiti per finalità personali.

L’unico motivo di ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello si sostanziava, per l’appunto, nella asserita violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c..

Come noto, tale norma detta la disciplina in materia di onere della prova: “Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda.”.

Con riferimento al caso di specie, rileva anche l’art.  5 della L. n. 604 del 1966: “L’onere della prova  della  sussistenza  della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al datore di lavoro.

La disposizione civilistica, dunque, ripartisce l’onere della prova sulla base della distinzione tra fatti ed eccezioni, e, a tal proposito, la Suprema Corte precisa che una violazione di tale norma si paleserebbe solo nel caso in cui  il giudice avesse inciso su tale distinzione. Invece, nella fattispecie sottoposta alla sua attenzione, il datore di lavoro aveva dimostrato, per il tramite di indagini investigative, che il lavoratore, fruendo di permessi sindacali, si occupava in  realtà di altro rispetto allo svolgimento di attività di rappresentanza sindacale.  

Tale prova era stata ritenuta convincente dal giudice, ragion per cui il lavoratore era stato chiamato a dimostrare gli elementi utili a disattendere tale ricostruzione. Ciò, a detta della Suprema Corte, non si pone in alcun modo in contrasto con i principi in materia di ripartizione dell’onere della prova di cui all’art. 5 della L. 604/1966 e all’art. 2697 c.c.. Tale censura sarebbe stata fondata solo nel caso in cui il giudice di secondo grado avesse in prima battuta onerato il lavoratore di provare di aver svolto attività sindacale durante la fruizione dei permessi; invece, la Corte d’Appello ha anzitutto valutato le prove offerte dalla parte datoriale, avendole ritenute convincenti ha conseguentemente considerato assolto l’onere della prova ricadente sul datore e ha in seconda battuta richiesto al lavoratore prova contraria, che non è stata fornita.

Foto di Vanessa Garcia