Dipendenti delle ambasciate in Italia. Giurisdizione italiana e immunità ristretta.

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Nella complessa rete delle relazioni internazionali, il diritto internazionale svolge un ruolo fondamentale nel regolare i rapporti tra Stati sovrani. Uno dei principi cardine di questo sistema è l’immunità diplomatica, che garantisce agli Stati e ai loro rappresentanti una protezione legale. Tuttavia, il caso della giurisdizione sui rapporti di lavoro del personale delle ambasciate straniere in Italia solleva interrogativi significativi su come applicare questo principio in un contesto lavorativo.

La Corte d’Appello di Roma, Sezione Lavoro, ha recentemente emesso una sentenza rilevante in merito a questa questione, la n. 2964 del 09/08/2023. Tale sentenza offre importanti chiarimenti sulle condizioni in cui la giurisdizione del giudice italiano può essere esclusa nei casi che coinvolgono il personale delle ambasciate straniere.

Il giudice della Corte si pronuncia in questo modo sul punto, contribuendo ad apportare un importante principio di diritto “in tema di controversie inerenti ai rapporti di lavoro di personale delle ambasciate di Stati stranieri in Italia, ai fini dell’esenzione dalla giurisdizione del giudice italiano, in applicazione del principio consuetudinario di diritto internazionale dell’immunità ristretta, è necessario che l’esame della fondatezza della domanda del prestatore di lavoro non comporti apprezzamenti, indagini o statuizioni che possano incidere o interferire sugli atti o comportamenti dello Stato estero che siano espressione dei suoi poteri sovrani di autorganizzazione”.

In altre parole, la sentenza sottolinea la necessità di evitare interferenze indebite negli affari interni degli Stati stranieri quando ad oggetto vi sono controversie riguardanti il personale delle loro ambasciate in Italia.

Con riferimento alla Convenzione di Vienna del 24 aprile 1963, è chiarito che questa detta una disciplina che stabilisce che “salve convenzioni bilaterali particolari, uno Stato non può invocare l’immunità giurisdizionale davanti a un Tribunale di un altro Stato, competente in materia, in un procedimento concernente un contratto di lavoro tra lo Stato e una persona fisica per un lavoro eseguito o da eseguirsi, interamente o in parte, sul territorio dell’altro Stato”. Segue, poi, l’indicazione di una serie di casi in cui, in via di specialità, è applicabile l’immunità dello Stato estero.

Continua la sentenza “Dunque, sul presupposto che venga ad incidere sui poteri organizzativi dello Stato estero, è stata esclusa dalla giurisdizione del giudice nazionale la domanda di qualifica superiore contestualmente intesa ad ottenere un più favorevole trattamento economico, comportando detta domanda valutazioni e apprezzamenti strettamente inerenti – segnatamente quando si tratti di mansioni fiduciarie – ai poteri di autorganizzazione dell’ente straniero”

In ultima analisi, con la pronuncia in questione, si è certamente apportato un importante contributo alla comprensione e all’applicazione del principio dell’immunità diplomatica nel contesto dei rapporti di lavoro delle ambasciate straniere in Italia. La sua chiarezza e coerenza offrono una guida preziosa per tutte le parti coinvolte, promuovendo una risoluzione equa e rispettosa delle controversie lavorative in un contesto internazionale complesso.

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