La comunicazione all’interno del contesto aziendale è, come noto, fondamentale ai fini della produttività e del team-working, ma può anche comportare diversi rischi, dato l’uso ormai consolidato di mezzi tecnologici di trasmissione di messaggi sia testuali che vocali a una moltitudine di persone.
In linea di principio, l’art. 21 della Costituzione tutela pienamente il diritto alla libera manifestazione del pensiero con la parola, con lo scritto e con altri mezzi di diffusione; il diritto, tuttavia, incontra un limite nella tutela dell’onore e della reputazione del destinatario del messaggio.
Attraverso l’inoltro o la trasmissione di messaggi offensivi si possono commettere, infatti, due illeciti in particolare: l’ingiuria e la diffamazione. La distinzione tra queste due figure è fondamentale al fine di determinare le conseguenze dell’illecito: infatti, mentre la diffamazione costituisce tutt’oggi reato, l’ingiuria è stata depenalizzata nel 2016; essa comporta, dunque, solo l’obbligo di risarcire i danni e non anche conseguenze di tipo penalistico.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 22631 del 24/05/2023, ha preso in considerazione una fattispecie ricadente in una zona grigia tra l’ingiuria e la diffamazione, ossia l’inoltro di un’e-mail offensiva a più persone, incluso il destinatario.
Nel qualificare l’illecito, la Corte precisa che il tratto distintivo dell’ingiuria rispetto alla diffamazione risiede nella presenza della persona offesa al momento del fatto; dunque, si avrà ingiuria anche in caso di presenza contestuale dell’offeso e degli spettatori – ad esempio, in caso di dichiarazioni proferite durante una riunione di lavoro – e per “presenza” può intendersi anche quella virtuale determinata dall’utilizzo di mezzi tecnologici.
Tuttavia, anche qualora tra i destinatari di un’e-mail dal contenuto offensivo vi sia la persona offesa, non è detto che la comunicazione verrà recepita nello stesso momento da tutti i destinatari, ben essendo possibile che il messaggio venga letto prima dagli altri destinatari e solo in un secondo momento dall’offeso. Non essendo, dunque, garantita la “presenza” virtuale contemporanea degli spettatori e dell’offeso, ossia la conoscenza del messaggio offensivo nello stesso momento da parte di tutti i destinatari, l’autore dell’e-mail offensiva commetterà il reato di diffamazione, con conseguenze di tipo penalistico e con potenziale condanna al risarcimento dei danni.
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