L’IMPIEGO DELLO STAMPATELLO NELLA SCRITTURA DI UN TESTAMENTO NON NE ESCLUDE L’AUTENTICITA’

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La scrittura utilizzata nella redazione di un testamento non deve necessariamente corrispondere a quella abitualmente impiegata dal testatore, dunque lo stampatello non è idoneo a escludere di per sè l’autenticità dell’atto.

In questo senso si è espressa la Corte di Cassazione con ordinanza n. 42124 del 31 dicembre 2021.

In particolare, la Corte di legittimità si è pronunciata in merito ad una richiesta di accertamento della nullità di un testamento per difetto di autografia e di valida sottoscrizione.

In primo grado, il Tribunale aveva accolto la domanda di nullità in ragione del carattere stampatello utilizzato nella redazione del testamento ed in considerazione dell’assenza di prove in merito all’abitualità e normalità dell’utilizzo di tale modalità di scrittura da parte del testatore.

La pronuncia veniva riformata dalla Corte d’Appello, che evidenziava come, secondo la valutazione del consulente tecnico, la scrittura fosse autentica e riconducibile al testatore con “elevata probabilità”. Per la Corte territoriale l’elevata probabilità, ritenuta dall’esperto, poteva assurgere a giudizio di giuridica certezza, essendo presenti in atti, documenti i quali confermavano che anche in epoca anteriore alla redazione del testamento, il defunto alternava l’uso del corsivo con lo stampatello, aggiungendosi che, secondo i principi generali in materia di accertamento negativo, l’onere di provare la non autenticità del testamento olografo fosse a carico di chi la deduce.

Avverso tale pronuncia, era proposto ricorso in Cassazione.

Ribadito che requisito essenziale ai fini della validità del testamento non fosse l’abitualità della scrittura, ma la sola autografia, la Suprema Corte ha precisato che il punto cruciale non è dato dal fatto che il testatore fosse solito utilizzare tale modalità di scrittura quanto che la medesima sia riferibile allo stesso e non consista in una mera imitazione schematica dello stampato. A supporto di ciò, la Suprema Corte ha osservato come lo stampatello utilizzato nel caso in specie presentasse caratteristiche individualizzanti e che la minima perplessità espressa dal consulente potesse essere oltrepassata sulla base di ulteriori elementi, in particolare quattro cartoline, da cui risultava che anche in tempi precedenti il testatore usasse scrivere in tale maniera.

Quanto al ritenuto stato di incapacità del testatore al momento della redazione del testamento, la Corte ha precisato che colui il quale deduce tale stato di incapacità è tenuto a fornirne la prova, con ogni mezzo ed in modo rigoroso e specifico. Essa può essere dedotta peraltro anche dalle condizioni mentali in epoca anteriore o posteriore al testamento, sulla base di una presunzione. Nel caso in specie, il CTU aveva concluso che non fosse possibile stabilire se il testatore fosse o meno assolutamente privo della coscienza delle proprie azioni e della capacità di autodeterminarsi, risultando insufficienti gli elementi acquisiti ai fini della valutazione dello stato di incapacità. Tuttavia, in ragione del mancato accoglimento delle prove richieste sul punto dalle parti, la Suprema Corte ha cassato la sentenza rinviando alla Corte d’Appello in diversa composizione per nuovo esame della domanda di annullamento del testamento per incapacità naturale del testatore.

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