Previsto il licenziamento per attività extra lavorativa svolta dal dipendente in malattia

L’ordinanza del 12 maggio 2023, n. 12994, Sezione lavoro della Corte di Cassazione ribadisce che lo svolgimento di altra attività, anche lavorativa, durante lo stato di malattia rappresenti una violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede, in quanto potenzialmente in grado di ritardare o pregiudicare la guarigione o il rientro in servizio.

Nel caso in esame, un lavoratore chiedeva, con ricorso ex art. 414 c.p.c., di accertare l’illegittimità del licenziamento disposto dal datore di lavoro irrogato sul presupposto che durante il periodo di malattia egli avesse tenuto una condotta incauta e inadempiente, avendo svolto attività extra lavorative incompatibili con lo stato di malattia, ostacolando o comunque ritardando la guarigione, in violazione dei doveri di correttezza, diligenza e buona fede.

In primo grado il giudice riteneva nullo il licenziamento per insussistenza del fatto contestato e intimato alla società la reintegrazione del lavoratore.

La Corte d’Appello ribaltava quanto deciso dal Tribunale ritenendo legittimo il licenziamento per giusta causa della società datrice di lavoro, per via della condotta inadempiente del lavoratore, il quale aveva svolto attività extra lavorative incompatibili con lo stato di malattia, integranti una condotta incauta per inosservanza delle prescrizioni mediche di “riposo e cure”.

Il lavoratore ricorreva, infine, per Cassazione, che rigettava il ricorso e confermava la decisione della Corte d’Appello, confermando un principio giurisprudenziale consolidato sul tema ovvero che “lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, configuri violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede, oltre che nell’ipotesi in cui tale attività esterna sia, di per sé, sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, anche nel caso in cui la stessa, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio”.

Foto di Andrea Piacquadio