Con la recente ordinanza n. 13479 del 15 maggio 2024, la Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti in merito alla possibilità di rimodulare le sanzioni disciplinari inflitte dai datori di lavoro ai propri dipendenti.
La decisione rappresenta un contributo significativo nell’evoluzione della giurisprudenza in materia di sanzioni disciplinari, offrendo un quadro chiaro e preciso dei rispettivi poteri dei datori di lavoro e giudici, a tutela sia delle esigenze organizzative delle imprese che dei diritti dei lavoratori.
La vicenda oggetto dell’ordinanza ha visto il Tribunale di Grosseto ridurre da cinque a due giorni la sospensione disciplinare irrogata a un dipendente. La decisione era motivata dall’eccessiva severità della sanzione originaria, ritenuta sproporzionata. Tuttavia, la decisione è stata successivamente impugnata in appello, dove, pur confermando l’illegittimità della sanzione per sproporzione, la Corte d’appello di Firenze ha ritenuto di non poterla rimodulare, rimandando la decisione al solo datore di lavoro.
Di fronte alla Cassazione, il datore di lavoro ha sostenuto che la sanzione avrebbe potuto essere rimodulata in base alla sentenza n. 3896/2019 della stessa Corte.
La Suprema Corte ha cassato la sentenza d’appello, precisando che, in base al suo orientamento consolidato (si veda la sentenza n. 22150/2015), il potere di irrogare sanzioni disciplinari e di proporzionarle alla gravità dell’illecito spetta in via esclusiva al datore di lavoro, nell’ambito del suo potere organizzativo e direttivo.
Infatti, il giudice solo in alcuni casi specifici può discostarsi da tale principio, riducendo la sanzione:
- in caso di superamento del massimo edittale: se la sanzione applicata supera il limite massimo previsto per la specifica infrazione, il giudice può ridurla fino a tale limite.
- su richiesta del datore di lavoro: il datore di lavoro può, nel corso del giudizio di impugnazione della sanzione, richiedere al giudice una riduzione della stessa.
L’ordinanza n. 13479/2024 sottolinea l’importanza per i datori di lavoro di agire con cautela e proporzionalità nell’irrogare sanzioni disciplinari, al fine di evitare possibili contenziosi e annullamenti. Allo stesso tempo, la Corte ribadisce il proprio ruolo di garante dei diritti dei lavoratori, assicurando che le sanzioni applicate siano sempre commisurate alla gravità dell’infrazione commessa.
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