Viola la legge il notaio che rettifichi un atto affetto da nullità

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Al notaio è attribuita la facoltà, ai sensi dell’art. 59-bis della Legge 89/1913 (Legge Notarile), di rettificare un atto pubblico o una scrittura privata autenticata contente errori od omissioni materiali.

Tuttavia, se l’atto in questione presenta vizi che ne determinino la nullità, la rettifica notarile non può spingersi sino a eliminare tali vizi.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 31795 del 27/10/2022; il giudice di legittimità ha ribadito i limiti posti dalla legge al potere di rettifica notarile e ha illustrato le conseguenze del superamento di tali limiti sul piano della validità delle rettifiche.

Nel caso sottoposto all’attenzione della Corte, un notaio era stato condannato dalla Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina del Lazio al pagamento di una sanzione pecuniaria per aver violato l’art. 28 della Legge Notarile, ai sensi del quale il notaio non può ricevere o autenticare atti “se essi sono espressamente proibiti dalle legge, o manifestamente contrari al buon costume o all’ordine pubblico”.

Infatti, il notaio aveva dato corso alla facoltà di cui all’art. 59-bis Legge Notarile per: disporre l’acquisizione di un certificato di destinazione urbanistica comprendente un’unità immobiliare tralasciata nella certificazione precedente; aggiungere la dichiarazione secondo cui non erano intervenute modifiche rispetto alla situazione urbanistica risultante nel certificato oggetto di rettifica; sostituire la dichiarazione delle parti – non corrispondente al vero – secondo cui l’immobile oggetto di compravendita preesistesse al 1967 con quella secondo la quale l’edificazione, successiva al 1967, fosse avvenuta in forza di licenza edilizia.  Si trattava, dunque, di atti affetti da nullità ai sensi dell’art. 40 Legge n. 47 del 1985.

Dopo che la condanna era stata confermata dalla Corte d’Appello di Roma, il notaio aveva fatto ricorso in cassazione, affermando, da una parte, che seppur gli atti rettificati fossero da considerarsi nulli, le intervenute rettifiche non avrebbero potuto essere considerate anch’esse nulle, poiché non sarebbero state contrastanti con l’art. 1418 c.c., data peraltro l’assenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato sul punto.

La Suprema Corte, rigettando i motivi di ricorso avanzati dal notaio, afferma che la facoltà di rettifica deve essere esercitata esclusivamente per correggere errori o omissioni di tipo oggettivo che riguardino dati preesistenti alla redazione dell’atto e che non incidano sul contenuto sostanziale dello stesso; vale a dire che la rettifica costituisce attività che non dovrebbe richiedere alcuno sforzo interpretativo da parte del notaio, il quale non può in alcun modo sostituirsi alle parti. Di conseguenza la rettifica che miri a sanare la nullità di un atto è affetta anch’essa da nullità per contrarietà a norme imperative ai sensi dell’art. 1418 c.c., in quanto l’art. 28 della Legge Notarile impone al notaio di non ricevere o autenticare atti espressamente proibiti dalla legge.

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