Calunnie nei confronti dei colleghi: è previsto il licenziamento senza preavviso

La Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, con ordinanza 13 marzo 2023, n. 7225 ha ritenuto che la condotta ingiuriosa o lesiva dell’altrui onore, posta in essere dal lavoratore mediante calunnie nei confronti di colleghi comporti il licenziamento senza preavviso.

Nel caso di specie, una dipendente della Polizia Municipale era stata sospesa dal servizio per sei giorni dopo aver diffamato il Comandante del Corpo, imputandogli un comportamento irrispettoso e scorretto e dopo aver altresì denigrato un collega, attribuendogli comportamenti sessualmente molesti e osceni, screditando in questo modo l’intero Corpo di Polizia.

In seguito a tale sanzione, la dipendente ha sporto denuncia nei confronti del Comandante e di altri colleghi, procedimento penale terminato con l’archiviazione.

Successivamente, il Comune ha aperto un nuovo procedimento disciplinare nei confronti della dipendente, conclusosi con il licenziamento senza preavviso ai sensi dell’articolo 55 quater lettera e) del Testo Unico sul Pubblico Impiego: reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui.

In ragione di ciò, la condotta posta in essere dalla dipendente doveva ritenersi ingiuriosa nonché lesiva dell’onore altrui e andava, di conseguenza, a screditare l’intero ambiente lavorativo.

Il licenziamento è stato poi impugnato dalla donna dinanzi al Tribunale competente. In un primo momento la sua domanda è stata accolta; successivamente, in sede di reclamo, è stata rigettata dalla Corte territoriale.

La Suprema Corte si è pronunciata nel merito sancendo la legittimità del licenziamento senza preavviso comminato dalla pubblica amministrazione, sussistendo tutti gli elementi di fatto della fattispecie di cui all’articolo 55 quater lettera e) del decreto legislativo n. 165/2001. Le condotte gravi che ledono la dignità personale altrui, infatti, risultano reiterate, in quanto la calunnia sia nei confronti del comandante sia dei colleghi è stata confermata in sede penale con sentenza passata in giudicato.

Secondo la Suprema Corte le condotte possono qualificarsi come gravi in quanto la denigrazione è rivolta al Corpo di Polizia.

In ultima analisi, la Corte ha stabilito che è sufficiente che l’atto illecito abbia conseguenze dirette all’interno della sfera lavorativa, pur non essendo stato commesso nel luogo di lavoro.

Per tali ragioni, la Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento senza preavviso ab origine, rigettando le domande di merito che erano state proposte dalla dipendente.

Foto di Rosemary Ketchum