Attribuzione della quota di TFR all’ex coniuge: orientamento della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, sez. I civile, con ordinanza 19 febbraio 2021 n. 4499 ha ritenuto che, in tema di attribuzione al coniuge divorziato di una quota del trattamento di fine rapporto, non incida la richiesta di revoca dell’assegno divorzile introdotta nel giudizio di liquidazione dell’importo del TFR, atteso che il diritto stesso nasce al momento della cessazione del rapporto di lavoro dell’ex coniuge.

La questione è sorta da un contenzioso proposto da un’ex moglie, la quale mirava ad ottenere il pagamento della quota di TFR che era stata liquidata all’ex marito ai sensi dell’art. 12-bis, comma 1, L. 898/1970 secondo cui “Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell’articolo 5, ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza”.

L’ex marito, invocando il sopravvenire di giustificati motivi che avevano provocato un mutamento peggiorativo delle sue condizioni economiche, chiedeva la revoca dell’assegno divorzile, nel tentativo di arrestare l’azione intrapresa dalla ex moglie.

In primo e secondo grado il marito veniva condannato, prima dal Tribunale di Macerata, che accoglieva la domanda dell’ex moglie obbligando l’ex marito al pagamento di € 21.893,76 a saldo della quota di TFR, poi dalla Corte di Appello di Ancona, che condannava l’ex marito al pagamento del maggior importo di € 66.545,10.

Seguiva impugnazione avanti alla Corte di Cassazione, che tuttavia ha rigettato il ricorso dell’ex marito ritenendo infondato il motivo relativo al TFR, valutata innanzitutto la finalità della norma di cui all’art. 12-bis, comma 1, L. 898/1970 che è quella di attuare una condivisione delle fortune economiche dei due coniugi, per tutta la durata del matrimonio.

Più nello specifico, la Corte di Cassazione ha sostenuto che la presenza delle condizioni previste dalla legge perché si possa ottenere una quota di TFR –  percezione di un assegno divorzile e mancato passaggio a nuove nozze – debba essere valutata al momento della cessazione del rapporto di lavoro, quindi quando nasce il diritto a percepire il trattamento di fine rapporto.

In ragione di ciò, la Corte di Cassazione ha espresso il principio secondo cui “Il diritto del coniuge divorziato ad ottenere la quota del trattamento di fine rapporto dell’ex coniuge sorge nel momento in cui quest’ultimo matura il diritto a percepire detto trattamento, e, dunque, al tempo della cessazione del rapporto di lavoro, anche se il relativo credito è esigibile solo quando – e nei limiti in cui – l’importo è effettivamente erogato; una volta cessato il rapporto di lavoro, non ha, dunque, alcuna incidenza sulla debenza della menzionata quota la presentazione, nel corso del giudizio instaurato per la relativa liquidazione, della richiesta di revoca dell’assegno divorzile, il cui eventuale accoglimento, anche se disposto dalla data della domanda, è successivo alla insorgenza del diritto previsto dall’art. 12-bis L. 898/1970”.

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