Con l’ordinanza n. 26003 del 24 settembre 2025, la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro ha riaffermato un principio cardine in materia di procedimenti disciplinari: la contestazione deve essere tempestiva, ma tale tempestività va valutata in relazione alle circostanze del caso concreto e alla complessità dell’organizzazione aziendale.
Il caso riguardava un dipendente di Unicredit S.p.A., sospeso per sei giorni dal servizio per condotte irregolari nell’esecuzione di operazioni bancarie. La contestazione disciplinare era stata formulata alcuni mesi dopo i fatti, e il lavoratore aveva eccepito la tardività della stessa, sostenendo la violazione dell’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori (L. n. 300/1970).
La Corte d’Appello di Milano aveva però ritenuto la sanzione legittima, decisione poi confermata dalla Suprema Corte.
La Cassazione ribadisce che il principio di tempestività non deve essere inteso in senso assoluto, ma va correlato al momento in cui il datore di lavoro acquisisce una conoscenza completa e ragionevole dei fatti. Come si legge nel testo dell’ordinanza:
“La conoscenza deve tradursi nella ragionevole configurabilità dei fatti oggetto dell’inadempimento, inteso nelle sue caratteristiche oggettive, nella sua gravità e nella sua addebitabilità al lavoratore”.
Ciò significa che il datore può svolgere le verifiche preliminari necessarie per accertare la sussistenza dell’infrazione prima di procedere alla contestazione (Cass. n. 5546/2010; Cass. n. 29480/2008).
Nel caso di specie, le condotte erano state accertate nel periodo gennaio–giugno 2020, e la contestazione era stata notificata nel settembre successivo: un intervallo ritenuto “del tutto ragionevole e fisiologico”.
Richiamando precedenti consolidati (Cass. n. 14115/2006; Cass. n. 16683/2015), la Corte evidenzia che il principio di tempestività serve non solo a tutelare il diritto di difesa del lavoratore, ma anche a evitare un’incertezza prolungata sul rapporto di lavoro. Tuttavia, sottolinea che:
“L’immediatezza della contestazione è nozione relativa, correlata al caso concreto e alla complessità dell’organizzazione del datore di lavoro”.
Non può quindi ritenersi tardiva una contestazione solo perché non formulata immediatamente dopo l’infrazione, specie se il datore ha dovuto acquisire elementi informativi complessi o condurre accertamenti interni.
La Cassazione ha inoltre respinto la censura del lavoratore relativa alla proporzionalità della sanzione, osservando che anche un solo addebito tra quelli contestati può giustificare la misura disciplinare applicata, se proporzionata alla gravità dei fatti. Come precisato dalla Corte:
“La legittimità della sanzione, anche espulsiva, irrogata per più addebiti è sorretta anche soltanto da uno di essi”
(richiamando Cass. n. 2579/2009).
Nel caso in esame, la sospensione per sei giorni è stata ritenuta conforme all’art. 44 del CCNL di settore, che commisura i provvedimenti disciplinari alla gravità o recidività della condotta.
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