DALLA SEPARAZIONE TRAUMATICA DERIVA IL RISARCIMENTO DEI DANNI AI FIGLI ADOTTIVI

Dalle modalità di rottura dell’unione e dalla riacutizzazione del senso di abbandono consegue il diritto dei figli adottivi al risarcimento

La pronuncia riguarda una ipotesi di responsabilità civile di un padre nei confronti dei suoi figli adottivi conseguente alle modalità con le quali quest’ultimo aveva provocato la rottura dell’unione famigliare  (Cass. civ., Sez. I, Ord., 02/04/2021, n. 9188).

Nel caso in specie, la Corte d’Appello si era espressa sostenendo che la separazione dei coniugi e le modalità traumatiche in cui la stessa era avvenuta – consistenti nel trasferimento del padre in una diversa città e la composizione di un nuovo nucleo familiare – avevano riacutizzato il senso di abbandono dei figli adottivi, considerata la situazione di loro maggiore fragilità, procurando loro dei danni risarcibili.

Il genitore impugnava la decisione, respingendo ogni profilo di responsabilità e sostenendo che la decisione della Corte territoriale non fosse supportata da obiettivi criteri di scientificità e di carattere medico legale.

La Corte di Cassazione ha rigettato la tesi difensiva del padre, condividendo quanto stabilito dal Tribunale e dalla Corte d’Appello sulla base degli accertamenti svolti in primo grado. La Corte Suprema, infatti, ha sottolineato la complessità della biografia dei figli minori della coppia che, cresciuti in orfanotrofio e adottati all’età di tre e quattro anni, avevano raggiunto un precario equilibrio affettivo irrimediabilmente compromesso dalla condotta posta in essere dal padre, capace di mettere a grave rischio il loro futuro equilibrato sviluppo. In particolare, ha argomentato che la responsabilità del padre per il danno arrecato ai minori non deriverebbe dal mero addebito della separazione, ma dalle modalità con cui è avvenuta la rottura dell’unione coniugale e dalla idoneità della stessa a rafforzare l’idea della privazione della figura genitoriale paterna (nuovo nucleo familiare, nascita di un nuovo figlio).

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che gli eventi di causa hanno determinato un danno non patrimoniale, quantificabile in € 40.000,00 per ciascun figlio sulla scorta delle risultanze emerse nella consulenza tecnica d’ufficio espletata in primo grado.

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