Gli effetti della vendita dell’immobile si estendono anche agli accessori 

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Nella compravendita immobiliare, l’autonomia delle parti è dirimente nello stabilire quali saranno gli effetti del contrato con riferimento ai beni presenti all’interno dell’immobile.

I contraenti possono indicare genericamente o puntualmente nel rogito per quali di questi beni avverrà il trasferimento della proprietà in capo all’acquirente.

Ma, nel silenzio delle parti o in caso di controversia sull’interpretazione delle clausole contrattuali, cosa prevede la legge?

La questione è stata affrontata di recente dalla Corte di Cassazioneordinanza n. 28613 del 3 ottobre 2022 – che, dopo aver chiarito la distinzione tra pertinenze ed accessori, si è pronunciata definitivamente sulla disciplina applicabile alla compravendita immobiliare oggetto di lite.

Nella specie, era stato stipulato un contratto preliminare con il quale i promittenti si impegnavano a far vendere da una società terza un immobile in favore della controparte contrattuale. Dopo aver stipulato il definitivo ed essere stati immessi nel possesso, gli acquirenti constatavano che dall’immobile erano stati asportati tutta una serie di beni accessori, quali sanitari, luci, mobilia, impiantistica.

Gli acquirenti convenivano quindi in giudizio la controparte contrattuale, chiedendo che ne venisse accertato l’inadempimento con conseguente condanna al risarcimento del danno.

In riforma della sentenza di primo grado, la Corte d’appello di Bari accoglieva le domande proposte sulla base del seguente iter logico-giuridico:

– innanzitutto, riconduceva nell’ambito della promessa del fatto del terzo (art. 1381 c.c.) l’impegno assunto dagli appellati con la stipula del preliminare, rendendo i medesimi responsabili per inadempimento in caso di condotta del terzo non conforme alle previsioni della promessa;

– dall’interpretazione sia del contratto preliminare che del definitivo si desumeva che le parti avessero previsto il trasferimento delle pertinenze e degli accessori dell’immobile;

– l’asportazione di tali beni prima della consegna dell’immobile veniva quindi a determinare un inadempimento contrattuale anche per violazione della clausola di buona fede nell’esecuzione del contratto, con conseguente condanna al risarcimento dei danni consistenti nelle spese sostenute dagli acquirenti per il ripristino degli elementi asportati.

Tale decisione veniva impugnata dai soccombenti innanzi la Corte di Cassazione.

A giudizio dei ricorrenti la Corte territoriale, pur avendo qualificato i beni asportati quali “accessori”, aveva applicato a detti beni la disciplina prevista per le pertinenze contenuta nell’art. 818 c.c., secondo cui “gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa principale comprendono anche le pertinenze, se non è diversamente disposto”.

Il trasferimento della proprietà anche degli accessori richiedeva un’esplicita previsione contrattuale in tal senso e che i ricorrenti non ritenevano potesse rinvenirsi nella clausola inserita nel contratto, relativa all’obbligo di consegnare l’immobile unitamente a tutti gli accessori e nello stato di fatto in cui si trovava lo stesso, in quanto da intendersi come mera clausola di stile, priva di efficacia negoziale.

La Cassazione, come detto, ha preliminarmente precisato le nozioni di beni pertinenziali ed accessori.

Mentre le pertinenze sono espressamente definite dal Codice civile come quelle cose “destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa” (art. 817 c.c.), per accessori, che non ricevono una specifica definizione normativa, si intendono tutti quei beni che vengono a costituire parti integranti o incorporate nella cosa principale (“accessori in senso stretto”), oppure che sono destinati a completare la funzionalità di un altro bene (“accessori d’uso”) al quale sono materialmente uniti.

Rispetto alla categoria degli accessori, le pertinenze si distinguono per l’esistenza di una specifica volontà dell’avente diritto di destinare una cosa al servizio di un’altra, nonché per la durevolezza di questo vincolo funzionale.

Entrando più nello specifico dell’oggetto della controversia, la Cassazione ha richiamato la giurisprudenza consolidata in tema di arredi e mobili, la quale ha escluso la natura pertinenziale delle  “suppellettili, degli arredi e dei mobili che riguardino esclusivamente la persona del titolare del diritto reale sulla cosa principale e non la cosa in sé considerata”.

La Corte ha poi però affermato che l’individuazione della natura dei beni in oggetto non fosse rilevante nel caso di specie, posto che, in tema di compravendita immobiliare, trova applicazione la disciplina contenuta nell’art. 1477 c.c. (norma peraltro richiamata anche dal giudice di secondo grado).

L’articolo menzionato prevede l’obbligo, salvo diversa volontà delle parti, di consegnare la cosa principale venduta “insieme con gli accessori le pertinenze e i frutti dal giorno della vendita”; pertanto, costituiva onere dei ricorrenti provare l’esistenza di una pattuizione diretta ad escludere dagli effetti del contratto, l’obbligazione di consegnare i beni accessori presenti all’interno dell’immobile.

Come correttamente evidenziato dalla Corte territoriale, invece, molteplici e convergenti dati testuali presenti negli atti negoziali citati, deponevano nel senso di estendere gli effetti della vendita anche agli accessori.

La Suprema Corte ha quindi respinto il ricorso e condannato i ricorrenti a rifondere le spese del giudizio di legittimità.

Foto di Mark McCammon