Licenziato il dipendente che, dopo un lungo periodo di malattia, attende la visita medica prima di presentarsi al lavoro

L’obbligo di sorveglianza sanitaria costituisce una delle fondamentali misure di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori previste dal Testo Unico per la sicurezza sul lavoro (D.lgs. n. 81/2008).

L’art. 2 del Testo Unico definisce la «sorveglianza sanitaria» come “l’ insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa”.

In sostanza, per sorveglianza sanitaria si intende l’effettuazione di una serie di visite mediche finalizzate ad accertare l’idoneità del lavoratore a svolgere le mansioni cui è adibito (art. 41 del Testo Unico).

Tali visite sono svolte dal medico competente – figura nominata appositamente dal datore di lavoro – e sono obbligatorie quando vi siano dei rischi specifici individuati dalla legge e connessi alle mansioni assegnate al dipendente.

In questi casi, le visite mediche debbono essere effettuate sia prima che il lavoratore venga assegnato alla mansione specifica – ed è il caso della visita preventiva o della visita in occasione del cambio di mansione – che periodicamente, nel corso del rapporto di lavoro, allo scopo di controllare lo stato di salute del dipendente e la sua perdurante idoneità alla mansione assegnata. 

A quest’ultima finalità risponde poi la previsione introdotta dal legislatore del 2009, che impone l’effettuazione di una visita medica precedente alla ripresa del lavoro nel caso in cui il lavoratore si sia assentato dal lavoro per motivi di salute per un periodo superiore ai sessanta giorni continuativi.

Posto che la normativa prescrive che le visite mediche debbano essere effettuate “a cura e spese del datore di lavoro”, non potendo certamente costituire un onere per il lavoratore, come deve comportarsi il lavoratore che stia per rientrare a lavoro da un periodo di malattia di oltre sessanta giorni? Deve attendere l’invito del datore di lavoro a sottoporsi a visita medica prima di presentarsi sul luogo di lavoro? Può rifiutarsi di svolgere la prestazione lavorativa nel caso in cui non vengano eseguiti i prescritti accertamenti sanitari al suo rientro?

Tali interrogativi sono stati affrontati dalla Corte di Cassazione, con ordinanza n. 29756 del 12 ottobre 2022, che si è pronunciata sul ricorso di una lavoratrice che contestava il licenziamento intimatole per assenza ingiustificata dal lavoro per un periodo di circa due settimane.

Nella specie, la dipendente veniva licenziata in quanto, dopo essersi assentata causa malattia (debitamente certificata) per un periodo superiore ai sessanta giorni, la stessa continuava a non presentarsi sul luogo di lavoro per il periodo incriminato ed omettendo di fornire alcun giustificativo per le ulteriori assenze. 

L’impugnazione del licenziamento veniva rigettata sia in primo che secondo grado.

Ricorrendo per la cassazione di quest’ultima decisione, la lavoratrice la ricorrente denunciava la violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 41 del D.Lgs. n. 81 del 2008 e contestava l’illegittimità della condotta datoriale di omessa convocazione della visita medica – finalizzata all’accertamento della perdurante idoneità al lavoro – nel periodo di assenza ritenuta ingiustificata.

La Suprema Corte ha tuttavia ritenuto infondate le doglianze della ricorrente e, di conseguenza, ha confermato la legittimità e validità del licenziamento irrogato.

L’art. 41 del D.Lgs. n. 81 del 2008, infatti, “non autorizza il lavoratore assente per malattia oltre i sessanta giorni continuativi a rimanere in attesa dell’iniziativa datoriale finalizzata all’effettuazione della visita di idoneità. È infatti dovere del lavoratore medesimo, una volta cessato lo stato di malattia, presentarsi al lavoro”.  

Invece – aggiunge la Corte – se la lavoratrice si fosse presentata sul luogo di lavoro, avrebbe potuto contestare l’eventuale omissione datoriale e legittimamente rifiutarsi di adempiere la propria prestazione lavorativa ex art. 1460 c.c., eccependo l’inadempimento dell’obbligo di sicurezza gravante sul datore.

Foto di Tima Miroshnichenko