Legge Fornero nuovamente colpita dalla Consulta: è irragionevole il carattere manifesto del fatto contestato

Il tragitto seguito dall’art. 18 l. 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) si è dimostrato, negli ultimi anni, a dir poco travagliato: nel 2012, dunque a 42 anni dall’introduzione della norma statutaria, la legge 28 giugno 2012, n. 92 (c.d. riforma Fornero) era riuscita nell’intento di colpire un caposaldo del diritto del lavoro italiano, ossia la reintegrazione del lavoratore sul posto di lavoro come unica tutela possibile in caso di licenziamento illegittimo; ciò avvenne introducendo un sistema di tutele diversificato a seconda della natura del vizio afferente il licenziamento e in relazione a determinate circostanze di fatto.

In particolare, l’attuale art. 18 comma 7, concernente il licenziamento per giustificato motivo oggettivo   contempla due tipi di tutele:

  • Conserva la tutela reintegratoria nel caso in cui sia accertato il difetto di giustificazione del licenziamento per motivo oggettivo consistente nell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore, ovvero qualora venga accertata la manifesta insussistenza del fatto contestato alla base del licenziamento;
  • Prevede una tutela indennitaria negli altri casi in cui venga accertato che il licenziamento intimato è privo di ragione giustificativa.

La nuova disciplina delle tutele contro il licenziamento illegittimo, introdotta, come detto, nel 2012 con la legge n. 92, e successivamente riformata dal d.lgs. 23/2015, che sostituisce l’art. 18 l. 300/1970 con riferimento ai rapporti di lavoro costituiti dopo il 7 marzo 2015, continua a trasformarsi per effetto delle pronunce sia della Corte di Cassazione – per quanto riguarda l’interpretazione – sia della Corte costituzionale – per quanto riguarda, naturalmente, la legittimità costituzionale.

Da ultimo, la Corte costituzionale si è pronunciata proprio con riferimento all’art. 18 comma 7, dichiarandone l’illegittimità costituzionale. La sentenza in questione è la n. 125 del 19 maggio 2022.

Il Tribunale di Ravenna, in un giudizio vertente sull’opposizione, da parte di un datore di lavoro, all’ordinanza di reintegra di un lavoratore, aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 18 comma 7 per violazione degli artt. 1, 3, 4, 24, e 35 della Costituzione.

Nel mirino del giudice a quo il fattore della manifesta insussistenza del fatto contestato, determinante affinché venga applicata la tutela reintegratoria.

La Corte costituzionale anzitutto chiarisce la ratio del riferimento all’insussistenza del fatto contestato all’interno del nuovo art. 18: dato che la tutela indennitaria è concepita dalla riforma Fornero come rimedio generale per i casi di licenziamento illegittimo, l’insussistenza del fatto contestato ha la funzione di limitare l’applicazione della tutela reintegratoria alle fattispecie di licenziamento che presentino vizi più evidenti.

Il problema sorge quando si pretende che tale insussistenza del fatto contestato sia manifesta.

In primo luogo il carattere manifesto è un requisito assolutamente indeterminato.

È sì vero che, come afferma la difesa dello Stato, che è fondamentale che il giudice goda di un certo margine di discrezionalità tale da permettergli un prudente apprezzamento della fattispecie concreta, ma il giudice non dispone di alcuno strumento per valutare il grado di sussistenza del fatto, né si comprende fino a che punto un fatto, inteso come accadimento fenomenico, possa dirsi non manifestamente insussistente.

Visti anche gli effetti del giudizio, che può condurre all’applicazione di due tipi di tutela totalmente differenti nel peso, si rende ancor più necessario che i requisiti utilizzati siano certi e chiari.

Inoltre, il requisito della manifesta insussistenza del fatto contestato non ha a che fare tanto con la minore o maggiore gravità del vizio caratterizzante il licenziamento, quanto con la facilità di accertamento in giudizio del vizio stesso; non attenendo dunque alla gravità del vizio, non può neanche condizionare l’applicazione della tutela reintegratoria invece di quella indennitaria.

In terzo luogo, la necessità per il giudice di compiere un accertamento così configurato aggrava per forza di cose l’andamento del processo, ponendosi in contrasto con il fine originario della l. 92/2012 di consentire una certa prevedibilità e rapidità nell’individuazione della tutela applicabile in caso di licenziamento illegittimo.

Per cui, l’art. 18 comma 7 viene dichiarato incostituzionale limitatamente all’utilizzo del termine “manifesta”, determinando un ampliamento, seppur lieve, del campo di applicazione della tutela reintegratoria in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

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