Licenziamento illegittimo: quale termine per la ripresa del servizio?

L’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori regola le conseguenze del licenziamento illegittimo per i lavoratori assunti prima del 4 marzo 2015. Le conseguenze sono diverse a seconda del tipo di vizio che caratterizza il licenziamento: in particolare, nei casi più gravi (licenziamento discriminatorio, licenziamento per causa di matrimonio, violazione dei divieti di licenziamento della lavoratrice madre e del lavoratore padre, licenziamento determinato da motivo illecito e altri casi di licenziamento nullo), l’art. 18 prevede che il lavoratore venga reintegrato nel posto di lavoro e risarcito. In alternativa alla reintegrazione, il lavoratore può chiedere, oltre al risarcimento, un’indennità pari a quindici mensilità della retribuzione.

Il lavoratore dovrà scegliere tra la reintegrazione e l’indennità entro 30 giorni a partire dal ricevimento dell’invito, da parte del datore di lavoro, a riprendere servizio; se il lavoratore non si pronuncia entro questo termine, il rapporto di lavoro si considera risolto.

Cosa accade, però, se l’invito del datore di lavoro contiene un termine inferiore a 30 giorni? La Corte di Cassazione, con sentenza n. 3264 del 05/02/2024, risponde a questo quesito.

Nel caso affrontato, il datore di lavoro, a seguito di una sentenza che aveva reputato illegittimo il licenziamento di una lavoratrice, aveva inviato alla stessa una lettera contenente l’invito a riprendere servizio entro due giorni, pena la risoluzione del rapporto di lavoro. La lavoratrice non aveva ripreso servizio né aveva chiesto l’indennità, ma riteneva che l’invito da parte del datore fosse nullo, perché prevedeva un termine per la ripresa del servizio inferiore a 30 giorni. La Cassazione non è dello stesso avviso.

La Corte ritiene, infatti, che l’art. 18 non imponga al datore di lavoro di comunicare al lavoratore un termine di 30 giorni per la ripresa del servizio; il datore potrà anche indicare un termine inferiore, ma il rapporto di lavoro si considererà risolto solo alla scadenza dei 30 giorni a partire dal ricevimento dell’invito da parte del lavoratore; di conseguenza, al lavoratore andrà corrisposta la retribuzione per tutto il periodo di 30 giorni.

Infatti, tale periodo consente al lavoratore di riflettere e scegliere opportunamente l’opzione migliore; per cui, il datore di lavoro sarà tenuto a versare la retribuzione per 30 giorni a partire dall’invito a riprendere servizio, a prescindere dal termine effettivamente riportato nell’invito.

La Corte precisa, inoltre, che l’invito da parte del datore di lavoro deve essere concreto e specifico, ossia deve invitare il lavoratore a rientrare sul posto di lavoro nello stesso luogo e per le stesse mansioni ricoperte in passato.

Con questi motivi, la Cassazione respinge il ricorso della lavoratrice e conferma la risoluzione del rapporto di lavoro.

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