PATTO DI PROVA, PER LA DETERMINAZIONE DELLE MANSIONI NON È SUFFICIENTE IL SEMPLICE RIMANDO ALLE NORME DEL CCNL

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 1099/2022, ha stabilito che l’assegnazione della mansione può avvenire tramite il rinvio alle norme del CCNL, solo nel caso in cui tale richiamo sia sufficiente a conferire specificità al contenuto dei compiti sui quali deve espletarsi la prova.

Nella fattispecie, il datore di lavoro adiva la Corte di Appello di Trento proponendo ricorso avverso la sentenza di primo grado che aveva accertato la nullità del patto di prova e la conseguente nullità del licenziamento intimato alla dipendente per mancato superamento della prova.

Il giudice di secondo grado, nel confermare la pronuncia del Tribunale, aveva ritenuto corretta la commisurazione del danno alle retribuzioni spettanti fino alla scadenza del contratto e confermato il difetto di specificità del patto di prova nella concreta individuazione delle mansioni.

Infatti, secondo la Corte territoriale, l’inciso presente nel contratto e relativo al ruolo di “addetto ai lavori non rientranti nel ciclo produttivo” era privo della concretezza e della specificità utili alla corretta individuazione della mansione da svolgere. Peraltro, l’indicazione del livello di inquadramento del CCNL non permetteva di determinare con esattezza la prestazione, in quanto riportava tra i compiti riconducibili al livello stesso i “lavori analoghi a lavori di pulizia” senza fornire ulteriori dettagli.

Avverso tale decisione l’azienda ha proposto ricorso per cassazione, cui ha resistito con controricorso la dipendente.

Al riguardo la Suprema Corte, nel richiamare alcuni arresti giurisprudenziali consolidati, ha ritenuto che la causa del patto di prova richieda una specifica individuazione al fine di tutelare l’interesse comune alle due parti del rapporto di lavoro. Infatti, tramite il patto di prova, il datore di lavoro può accertare la capacità del lavoratore e quest’ultimo può valutare, a sua volta, l’entità della prestazione e le condizioni di svolgimento del rapporto. Per soddisfare tale esigenza è necessario individuare dettagliatamente la mansione richiesta, ancor più se si tratta di un lavoratore parzialmente invalido, come nel caso in questione.

Secondo i giudici di legittimità la specificazione può avvenire anche attraverso il rinvio per relationem alle norme contenute nel CCNL di Settore e riferite al livello di inquadramento del lavoratore, purché “il richiamo sia sufficientemente specifico e riferibile alla nozione classificatoria più dettagliata, sicché se la categoria di un determinato livello accorpi una pluralità di profili, è necessaria l’indicazione del singolo profilo, mentre risulterebbe generica quella della sola categoria”.

La Corte di Cassazione ha ritenuto la sentenza impugnata conforme a tali principi, poiché da un lato non ha escluso in astratto che la clausola presente nel contratto individuale possa essere integrata tramite il ricorso alle norme del livello di inquadramento del contratto collettivo, ma ha ritenuto che tale riferimento, sul piano concreto, non valga a conferire specificità al contenuto delle mansioni da svolgere durante il periodo di prova.

Peraltro, l’espressione “analoghi”, ampliando notevolmente la gamma delle mansioni riconducibili al livello attribuito alla lavoratrice, è tale da escludere una diversa interpretazione più favorevole al datore di lavoro.

Sulla base di tali motivi, la Corte di Cassazione ha disposto il rigetto del ricorso.

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