Il diritto di critica non consente un’esposizione incompleta dei fatti

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Il diritto di cronaca, così come il diritto di critica, derivano dal fondamentale diritto alla libera manifestazione del pensiero, garantito dall’art. 21 della Costituzione: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

Tuttavia, affinché l’esercizio di tali diritti non mini alla dignità e alla reputazione di altri soggetti, attuando una condotta illecita sia da un punto di vista penalistico (il reato di diffamazione è delineato all’art. 595 del codice penale) che dal punto di vista civilistico (responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 del codice civile), è necessario rispettare i limiti da tempo individuati dalla Corte di Cassazione: la narrazione deve essere veritiera, almeno putativamente se non oggettivamente; deve sussistere un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti narrati, i quali devono dunque essere caratterizzati da utilità sociale; l’esposizione deve mantenersi nei limiti di continenza, ossia è necessario che lo scritto sia espresso in forme civili, che la narrazione sia il più possibile obiettiva, senza adoperare espressioni ingiuriose e senza eccedere lo scopo informativo delle dichiarazioni.

Da ultimo, la Corte di Cassazione civile, Sezione I, con ordinanza n. 23166 del 25/07/2022, si è soffermata sulle differenze tra diritto di cronaca e diritto di critica, e con particolare riferimento a quest’ultimo, ha approfondito il significato del requisito della narrazione veritiera dei fatti.

La Suprema Corte si è pronunciata sul ricorso della società Fininvest S.p.A. avverso le sentenze del Tribunale di Palermo e della relativa Corte d’Appello. La Fininvest aveva chiesto che la Società Editoriale Il Fatto S.p.A. venisse condannata a risarcire i danni cagionati dalla pubblicazione di tre articoli reputati diffamanti. La società attrice sosteneva, in particolare, che i giornalisti non avessero svolto una ricerca esaustiva, in quanto due dei tre articoli non avevano preso in considerazione notizie giudiziarie di portata tale da far dubitare della veridicità dei fatti narrati. La Corte d’Appello aveva risposto sostenendo che, nell’ambito del diritto di critica, non sussiste alcun obbligo, in capo all’autore di un pezzo giornalistico, di considerare argomenti contrari rispetto a quelli sui quali egli basa la propria opinione.

La Corte di Cassazione sostiene che tali assunti siano erronei. Infatti, tra diritto di cronaca e diritto di critica sussistono certamente delle differenze, in quanto il primo si esercita riportando i fatti in modo assolutamente fedele, mentre il secondo si caratterizza per la formulazione di un giudizio soggettivo che, per sua natura, non può corrispondere a verità oggettiva. E pure, i due diritti si basano sui medesimi principi e sono limitati entrambi nel senso sopra menzionato: per cui, anche l’esercizio del diritto di critica, pur non risultando in un’esposizione asettica dei fatti, è sottoposto al rispetto del requisito della verità, seppur limitatamente, con tutta evidenza, ai fatti sui quali si esprime la critica, i quali vanno riportati in modo fedele, obiettivo ed esaustivo.

Con particolare riferimento all’esposizione di fatti risalenti nel tempo, la Corte, citando la propria giurisprudenza penale (Cass. 13941/2015), afferma che la distanza temporale rende legittima la pretesa di una ricerca approfondita; a differenza di quanto è concesso in tema di cronaca riferita ad accadimenti contemporanei, che richiede una certa tempestività nella pubblicazione a discapito di eventuali ulteriori verifiche sulla veridicità della narrazione. Se risalente nel tempo è un procedimento giudiziario, la logica conseguenza è che il giornalista debba ricostruire minuziosamente la vicenda giudiziaria, senza tralasciare elementi rilevanti.

La critica, in sé, è quindi legittima nella sua parzialità e soggettività, ma il diritto non arriva a tutelare l’esposizione non veritiera dei fatti oggetto di critica: infatti, se non vengono menzionati elementi che potenzialmente potrebbero far mutare di significato la narrazione complessiva, si determina nel lettore una visione distorta della realtà.

Foto di Andrea Piacquadio