Accordi aziendali e deroghe legali: il ruolo dell’art. 8 D.L. 138/2011 nella giurisprudenza recente

La sentenza n. 3353/2025 della Corte di Cassazione, depositata il 10 febbraio 2025, rappresenta un importante tassello nella giurisprudenza relativa agli accordi aziendali e alla loro capacità di derogare a disposizioni normative superiori, in particolare alla luce dell’art. 8 del D.L. 138/2011 (convertito nella Legge 148/2011).

Il caso in esame nasce dal ricorso di un lavoratore che contestava la validità di contratti a tempo determinato di natura intermittente, stipulati con la società presso la quale prestava servizio. Il lavoratore sosteneva che tali contratti fossero nulli, in quanto basati su accordi aziendali che non rispettavano i requisiti di rappresentatività sindacale e che avevano, a suo dire, pregiudicato i suoi diritti.

In particolare, il ricorrente evidenziava che l’accordo aziendale del 2016 non conteneva “alcun richiamo esplicito alle disposizioni del D.L. n. 138/11 e della legge n. 148/2011, e alla volontà di derogare alla normativa sul contratto intermittente”, e che non erano state indicate “le quote di rappresentatività delle organizzazioni sindacali che avevano sottoscritto l’accordo”.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore, confermando la decisione della Corte d’Appello di Campobasso e ribadendo la validità degli accordi aziendali in questione. I giudici hanno sottolineato che tali accordi rientravano nella categoria dei “contratti di prossimità”, in quanto “finalizzati all’incremento dell’occupazione e della competitività aziendale, come espressamente indicato nel loro contenuto”.

Inoltre, i giudici della Corte hanno evidenziato che gli accordi erano stati “sottoscritti da organizzazioni sindacali operanti in azienda, come richiesto dalla normativa, senza che altre sigle sindacali esprimessero il proprio dissenso”. Quanto alla conoscibilità degli accordi, la Suprema Corte ha accertato che “essi non solo erano stati adeguatamente pubblicizzati e resi disponibili ai lavoratori, ma erano espressamente richiamati nei contratti individuali sottoscritti dal lavoratore, risultando garantita così la piena conoscibilità da parte del lavoratore”.

La sentenza in esame rappresenta l’importanza di bilanciare la flessibilità aziendale con la tutela dei diritti dei lavoratori. Infatti, se da un lato la Corte riconosce la validità degli accordi aziendali che perseguono obiettivi di incremento occupazionale e competitività, dall’altro sottolinea che tali accordi devono rispettare i requisiti di rappresentatività sindacale, pubblicità e finalità collettive.

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