Assegno divorzile non riconosciuto al coniuge invalido e lavoratore

L’art. 5 della Legge sul divorzio elenca gli elementi che il giudice dovrà prendere in considerazione al fine, eventualmente, di imporre il pagamento di un assegno divorzile; si dovrà tener conto, in particolare: delle condizioni dei coniugi; delle ragioni della decisione di sciogliere il matrimonio; del contributo dato da ciascuno dei coniugi alla vita familiare e al patrimonio in comune; del reddito di entrambi i coniugi.

L’occupazione dell’ex-coniuge, naturalmente, riveste un’importanza fondamentale nella decisione sul se prevedere un assegno divorzile e sulla quantificazione dello stesso, dato che lo svolgimento di attività lavorativa condiziona in modo determinante il tenore di vita del coniuge e le sue eventuali necessità di assistenza. Peraltro, in caso di significativo mutamento delle condizioni di occupazione e, dunque, del reddito a disposizione, il coniuge obbligato potrà richiedere, in qualsiasi momento, l’annullamento o la revisione dell’assegno divorzile.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 10702 del 20/04/2023, ha fornito precisazioni in merito alla natura e alla funzione dell’assegno divorzile, saggiando il peso dello svolgimento di attività lavorativa da parte dell’ex-coniuge richiedente l’assegno. La ex-moglie ricorrente in Cassazione, infatti, si era vista revocare l’assegno divorzile da parte della Corte d’Appello di Roma in quanto era stato accertato che, al tempo del matrimonio, la ricorrente svolgeva già attività di psicoterapeuta, proseguita anche a seguito del riconoscimento di un’invalidità del 75% in conseguenza di una grave patologia oncologica; inoltre, la ex-moglie svolgeva parallelamente una seconda attività lavorativa presso un centro di trattamento per le dipendenze.

La Corte di Cassazione, respingendo il ricorso della ex-moglie, precisa che l’assegno divorzile ha una funzione sia assistenziale che compensativa. Da un lato, per decidere sia sull’attribuzione dell’assegno che sulla sua quantificazione, è necessario verificare che l’ex-coniuge richiedente non abbia mezzi di sostentamento adeguati e che non sia in grado di procurarseli per ragioni oggettive.

In secondo luogo, l’assegno divorzile ha lo scopo di riequilibrare la situazione patrimoniale dei due ex-coniugi; non al fine, tuttavia, di mantenere costante il tenore di vita vigente durante il matrimonio, bensì in modo da compensare il sacrificio delle prospettive professionali compiuto dall’ex-coniuge richiedente l’assegno. In particolare, qualora tra i due coniugi vi sia una notevole differenza in termini di risorse economiche, sarà necessario verificare che questo squilibrio sia il frutto della rinuncia a realistiche prospettive professionali da parte dell’ex-coniuge al fine di contribuire ai bisogni famigliari.

Con riferimento alla ex-moglie invalida e tuttavia impegnata in attività lavorativa, la Cassazione rileva che ella non aveva per nulla sacrificato le proprie aspettative professionali durante il matrimonio; per cui, l’assegno divorzile richiesto non avrebbe potuto rivestire alcuna funzione compensativa.

In secondo luogo, la ricorrente, pur invalida al 75%, non aveva cessato di svolgere attività lavorativa sia come libero professionista che presso un centro specializzato; inoltre, la ricorrente aveva persino rinunciato a richiedere un sussidio di invalidità, in quanto confidava di mantenere un reddito tale da poterne fare a meno. Di conseguenza, non sussistevano esigenze di assistenza tali da giustificare il riconoscimento di un assegno divorzile.

La condizione di invalidità dell’ex-coniuge rileva, dunque, solo nella misura in cui impedisca o limiti lo svolgimento di attività lavorativa; nel caso oggetto di pronuncia da parte della Corte, invece, l’ex-coniuge era perfettamente in grado di procurarsi mezzi di sostentamento adeguati.

Foto di Karolina Grabowska