La tempestività nella comunicazione del licenziamento

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 10802 del 21/04/2023, ha preso in analisi le vicende concernenti la comunicazione del licenziamento che, come previsto dai CCNL vigenti e alla pari della contestazione e degli altri provvedimenti disciplinari, deve essere tempestiva

Nel caso oggetto di giudizio, a una lavoratrice era stata inviata una lettera di licenziamento a mezzo raccomandata postale, ma la consegna non era andata a buon fine; in particolare, l’indirizzo cui era stata inoltrata la comunicazione era errato. Tuttavia, tale circostanza era stata fatta presente dalla lavoratrice anni prima, quando aveva dichiarato all’azienda di voler ricevere le comunicazioni presso altro indirizzo: a tale ultimo indirizzo, infatti, negli anni precedenti al licenziamento l’azienda aveva già inviato varie comunicazioni, tutte andate a buon fine.

Dato l’esito negativo del primo invio, l’azienda aveva effettuato un nuovo tentativo, questa volta per tramite dell’ufficiale giudiziario, il quale, a seguito di più accurate ricerche, aveva perfezionato la consegna.

Tuttavia, a seguito di quanto accaduto, la consegna era avvenuta dopo la scadenza del termine previsto dal CCNL di riferimento per la comunicazione dei provvedimenti disciplinari (30 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle giustificazioni da parte del lavoratore). Ciononostante, l’azienda sosteneva che la prima comunicazione dovesse considerarsi tempestiva, in quanto l’esito negativo della consegna non era addebitabile a responsabilità dell’azienda; la seconda consegna, invece, avrebbe dovuto essere considerata come meramente confermativa della prima.

La Corte di Cassazione ha in proposito richiamato un suo costante orientamento, alla luce del quale, affinché la comunicazione del licenziamento possa considerarsi tempestiva, non è necessario che la consegna della lettera avvenga nei termini stabiliti dal CCNL, bensì è sufficiente che entro tali termini sia stata compiuta l’attività necessaria ad avviare il procedimento di comunicazione, purché esso sia stato affidato a un servizio idoneo: vale a dire che l’esito negativo della spedizione della lettera non dovrà essere imputabile a colpa da parte dell’azienda.

L’azienda parte in causa era perfettamente consapevole del fatto che l’indirizzo cui era stata inoltrata la lettera di licenziamento fosse errato, in quanto la dipendente aveva fornito l’indirizzo corretto anni prima, e il nuovo indirizzo era stato più volte utilmente adoperato per altre comunicazioni. Per cui, la mancata tempestiva consegna della lettera di licenziamento era da considerarsi imputabile a responsabilità dell’azienda e, per tale motivo, il licenziamento era da considerarsi illegittimo.

Nel caso di specie, tuttavia, all’illegittimità del licenziamento non consegue la reintegra della lavoratrice. Sul punto, la Cassazione tratteggia una distinzione tra la violazione delle norme che disciplinano l’iter procedimentale del licenziamento, e la violazione che comporti un ritardo notevole e ingiustificato nella comunicazione. Solo nel secondo caso si applica la tutela reintegratoria, in quanto il notevole ritardo è in grado di pregiudicare varie rilevanti esigenze: quella di garantire al lavoratore una difesa effettiva; quella di tutelare l’affidamento del lavoratore circa la legittimità, da un punto di vista disciplinare, del suo comportamento; quella di sottrarre il lavoratore al rischio di arbitrarietà, da parte dell’azienda, nella scelta del momento in cui avviare il procedimento disciplinare.

Con riferimento alla lavoratrice parte in causa, dato che il ritardo era stato di una decina di giorni, il mancato rispetto delle norme concernenti la tempestività era da considerarsi violazione di natura procedimentale; dunque, la Cassazione ritiene applicabile la sola tutela indennitaria.

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