La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2859 del 31 gennaio 2024, ha ribadito un principio fondamentale nel diritto del lavoro: il licenziamento disciplinare è nullo se viola le procedure legali stabilite per garantire il diritto di difesa del lavoratore.
Nel caso in esame, l’azienda ha comminato un licenziamento disciplinare senza convocare il dipendente interessato per consentirgli di presentare le proprie giustificazioni, una procedura chiaramente indicata nell’articolo 53 del R.d. n. 148/1931. Tale articolo stabilisce le modalità con cui il datore di lavoro deve contestare gli addebiti al dipendente prima di procedere con il licenziamento, garantendo così il diritto fondamentale di difesa del lavoratore.
La Corte di Appello di Palermo, con la sentenza impugnata, nell’ambito di un procedimento ex lege n. 92 del 2012, ha considerato “sorretto da giusta causa” il licenziamento disciplinare intimato dalla società datrice di lavoro, ma ha dichiarato risolto il rapporto di lavoro tra le parti condannando la società al pagamento di una indennità risarcitoria onnicomprensiva pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione.
Il lavoratore ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza e la società datrice di lavoro ha resistito con controricorso.
La Corte di Cassazione ha evidenziato che la mancata osservanza delle procedure legali comporta la nullità del licenziamento disciplinare. Questo in ragione del fatto che la violazione di dette norme costituisce una “invalidità di protezione”, ossia una invalidità derivante dalla violazione di una norma volta a tutelare un interesse meritevole di protezione, in questo caso, il diritto del lavoratore di difendersi adeguatamente dalle accuse mosse dal datore di lavoro.
L’importanza di questa decisione risiede nel riconoscimento dell’equilibrio tra i diritti e gli interessi delle parti coinvolte nel rapporto di lavoro. Infatti, è pacifico che il datore di lavoro abbia il diritto di adottare provvedimenti disciplinari per presunte violazioni da parte dei dipendenti, ma è altrettanto importante garantire che tali provvedimenti siano adottati nel rispetto delle procedure stabilite dalla legge, al fine di evitare abusi e proteggere i diritti dei lavoratori.
La nullità del licenziamento, nel caso di specie, ha evidenziato ancora una volta l’importanza del principio del contraddittorio, pilastro fondamentale del processo decisionale equo e giusto in quanto garanzia delle parti di essere sentite e di contrapporre le proprie ragioni.
Tutto ciò alla luce del fatto che il licenziamento disciplinare è un atto che può avere conseguenze significative per la vita professionale e personale del dipendente interessato, e pertanto deve essere adottato nel pieno rispetto delle norme e dei principi fondamentali del diritto del lavoro.
In conclusione, i giudici della Suprema Corte, hanno accolto il ricorso del lavoratore, cassando la sentenza impugnata dalla società datrice di lavoro.
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