La disciplina del licenziamento nullo è incostituzionale

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La disciplina del licenziamento illegittimo è mutata profondamente nel corso del tempo. Si è partiti dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, che prevedeva in un ampio spettro di casi la reintegrazione del lavoratore; si è passati poi attraverso la Riforma Fornero (Legge 92/2012), che ha distinto i casi in cui si applica la tutela reintegratoria da quelli in cui è previsto il pagamento di un’indennità al lavoratore; fino ad arrivare al Jobs Act (D.Lgs. 23/2015), che ha dato ampio spazio alla tutela indennitaria a discapito della tutela reintegratoria.

Il Jobs Act ha però conservato la tutela reintegratoria in caso di licenziamento nullo; inoltre, il decreto precisa che, affinché possa parlarsi di “licenziamento nullo”, è necessario che la nullità sia prevista espressamente da una norma di legge.

Generalmente si distinguono, infatti, due ipotesi di nullità: la nullità testuale (casi in cui una norma di legge qualifica espressamente il licenziamento come nullo) e la nullità virtuale (casi in cui il licenziamento è disposto in violazione di una norma di legge, ma quest’ultima non qualifica il licenziamento come nullo).

La tutela reintegratoria si applicherebbe, dunque, ai soli casi di nullità testuale, e non anche a quelli di nullità virtuale. Ne consegue che a varie e importanti ipotesi di licenziamento illegittimo si applichi la sola tutela indennitaria; si cita, ad esempio: il licenziamento comminato durante il periodo di comporto; il licenziamento ritorsivo del dipendente che segnala illeciti commessi dal datore di lavoro (così detto whistleblower); il licenziamento intimato in violazione del blocco dei licenziamenti disposto durante la pandemia.

La questione è stata rimessa alla Corte costituzionale, che si è pronunciata con la sentenza n. 22 del 22/02/2024.

La Corte rileva che il decreto legislativo 23/2015 non avrebbe potuto distinguere tra le due ipotesi di nullità del licenziamento, applicando all’una la tutela reintegratoria e all’altra la tutela indennitaria. Infatti, il Governo, nel momento in cui emana un decreto legislativo, deve attenersi ai criteri e alle linee guida predisposte dal Parlamento con la legge delega: per quanto riguarda la disciplina dei licenziamenti illegittimi, la legge delega (Legge 183/2014) chiedeva al Governo di limitare la tutela reintegratoria ai licenziamenti nulli e discriminatori, senza, però, distinguere tra i vari tipi di nullità. Il Governo, invece, disponendo che la tutela reintegratoria si applicasse ai soli casi di nullità testuale del licenziamento, è andato in contrasto con i criteri direttivi della legge delega.

Per cui, la Corte dichiara l’incostituzionalità dell’art. 2 del D.Lgs. 23/2015 per violazione dell’art. 76 della Costituzione: “L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi”; ne consegue che in ogni ipotesi di licenziamento nullo, sia che si tratti di nullità testuale che di nullità virtuale, il lavoratore verrà reintegrato nel posto di lavoro.

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