Genitore manipolatore: legittimo l’affidamento etero-familiare del minore

La Cassazione Civile, sez. I, con ordinanza del 27 ottobre 2023, n. 29814 ha stabilito che è legittimo il provvedimento con il quale il Giudice di merito disponga l’affidamento etero-familiare del minore con collocamento dello stesso presso una Comunità, sino al completamento del ciclo scolastico, in presenza di una situazione conflittuale tra i genitori, unitamente alla condotta manipolatoria ed alienante dell’altra figura genitoriale da parte della madre.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Milano ha respinto il reclamo della madre, ricorrente, modificando solo in minima parte le determinazioni assunte dal Tribunale di Busto Arsizio, che hanno comportato l’adozione di pesanti misure limitative della responsabilità genitoriale nei confronti dei genitori del minore.

Inizialmente, il giudice di primo grado, avendo preso atto dell’infruttuosità di ogni tentativo di sostegno per il minore e per i genitori a causa dell’atteggiamento non collaborativo della madre, e atteso il pregiudizio per il bambino, aveva confermato l’affido all’Ente del minore con collocazione presso l’attuale comunità ospitante.

La Corte d’appello, in parziale riforma del decreto impugnato, ha incaricato i Servizi Sociali dell’Ente affidatario del minore di proseguire nell’organizzazione di incontri protetti e osservati, da svolgersi in presenza, provvedendo, qualora vi fossero i presupposti, ad una loro progressiva intensificazione, se ritenuta conforme al superiore interesse del minore. La Corte ha poi confermato la pronuncia reclamata.

Alla luce di ciò, la madre del minore ha impugnato per Cassazione il decreto della Corte d’appello.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.

In particolare, è stato osservato che l’affidamento del minore ai servizi sociali costituisce una misura limitativa della responsabilità genitoriale, riconducibile al disposto dell’art. 333 c.c.

Nell’art. 337 ter c.c. si può trovare un espresso riferimento all’affidamento familiare ove, con riferimento ai giudizi separativi come quello del caso in esame, è stabilito che il giudice «Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, l’affidamento familiare».

Inoltre, l’art. 6, comma 8, L. 898 del 1970, riferito al giudizio di divorzio, prevedeva espressamente che, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, il tribunale potesse procedere all’affidamento familiare.

Si è, al riguardo, precisato che, quando l’adozione del provvedimento di affidamento familiare del minore si rende necessaria nel corso del giudizio di separazione dei coniugi, ai sensi dell’art. 38 disp. att. c.c., la competenza appartiene al Tribunale ordinario, poiché l’affidamento familiare è da considerarsi come misura limitativa della responsabilità genitoriale.

Ciò comporta che il Tribunale ordinario deve dare applicazione alla disciplina dettata dalla L. n. 184 del 1983 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori), ritenuta non derogabile, indicando il periodo di presumibile estensione temporale dell’affidamento, i modi di esercizio dei poteri riconosciuti all’affidatario e le modalità attraverso cui i genitori e gli altri componenti del nucleo familiare possono mantenere i rapporti con il minore.

Si è, poi, precisato che l’art. 4, comma 3, L. n. 184 del 1983, attribuisce alla cognizione giudiziale il potere di disporre l’affido etero-familiare anche se non vi è accordo sul punto dei genitori, ma ciò non significa attribuire alla stretta competenza giurisdizionale la fissazione delle modalità attuative del provvedimento disponente l’affido che, servizi organizzati sul territorio, e dotati di specifiche competenze in ambito socio-sanitario, più agevolmente possono individuare in relazione al caso concreto, su delega del giudice disponente.

Nel caso di specie risultano rispettati i principi appena enunciati, tenuto conto che il giudice del reclamo ha riformato il provvedimento del Tribunale solo nella parte in cui ha aggiunto, anche per la madre, la previsione di incontri in presenza con il minore, confermando per il resto la statuizione già adottata.

Infine, il Tribunale ha altresì messo a punto il progetto che la Comunità ospitante avrebbe dovuto attuare, dando anche indicazioni specifiche e indicando quale orizzonte per il superamento dell’inserimento comunitario, la conclusione del ciclo scolastico della scuola elementare, prevedendo, in esito a tale percorso e accertata una graduale intensificazione dei rapporti padre/figlio, la collocazione preferenziale del minore presso il padre e la regolamentazione dei rapporti madre/figlio secondo un calendario che avrebbe dovuto essere definito dall’ente affidatario, sul piano delle modalità e della tempistica.

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