Appalti, il committente è tenuto a versare i contributi fino alla loro prescrizione

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In caso di stipulazione di un contratto di appalto, l’imprenditore committente è obbligato, in solido con l’appaltatore e gli eventuali subappaltatori, a corrispondere le retribuzioni ai lavoratori impegnati durante l’esecuzione del contratto e a versare i relativi contributi previdenziali e assistenziali. Ciò è quanto affermato all’art. 29, comma 2, D.Lgs. 276/2003, norma nella quale si precisa, al contempo, che l’obbligazione descritta può gravare sull’imprenditore committente per un periodo massimo di due anni dalla cessazione dell’appalto, trascorso il quale il lavoratore non può più pretendere dal datore di lavoro committente le somme a titolo retributivo.

Questione è, allora, se il citato limite temporale si applichi anche all’INPS, ossia se l’ente previdenziale, trascorsi due anni dalla cessazione dell’appalto, decada dalla possibilità di pretendere il versamento dei contributi da parte dell’imprenditore committente.

La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata in senso negativo, con ordinanza del 30/12/2022, n. 38151. Già nei suoi precedenti, la Cassazione aveva affermato che il rapporto di lavoro – intercorrente tra datore e lavoratore – e il rapporto previdenziale – intercorrente tra datore di lavoro e INPS – costituiscono due relazioni distinte: il rapporto previdenziale si caratterizza, infatti, per una finalità avente carattere generale, ossia il finanziamento della gestione assicurativa previdenziale; in più, l’INPS costituisce comunque un soggetto estraneo al rapporto di lavoro.

Sussiste, tuttavia, un elemento che fa da collante tra i due rapporti: i contributi che l’imprenditore ha da versare all’ente previdenziale si quantificano sulla base della retribuzione dovuta al lavoratore. Prevedere che l’INPS non possa soddisfare la propria pretesa contributiva trascorsi due anni dalla cessazione del contratto di appalto farebbe allora sì che, in astratto, l’imprenditore committente possa pagare la retribuzione al lavoratore senza, al contempo, versare i contributi. Si produrrebbe, insomma, un risultato non coerente con l’assetto che fa dipendere la quantificazione dei contributi dall’entità della retribuzione; inoltre, in tal modo si danneggerebbe la protezione assicurativa del lavoratore.

La Cassazione conferma dunque il principio secondo cui l’imprenditore committente è tenuto a versare i contributi anche trascorsi due anni dalla cessazione del contratto di appalto, dato che agli enti previdenziali si applica esclusivamente il termine di prescrizione.

Foto di Anna Shvets