Licenziato il lavoratore che utilizzava strumentazione aziendale per diffondere messaggi no-vax

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 7293 del 13/03/2023, ha confermato il licenziamento comminato all’autista di autobus che aveva diffuso messaggi anti-vaccinazione utilizzando la strumentazione aziendale. Il lavoratore in questione, in particolare, aveva digitato sul display della tabellazione del proprio autobus la scritta “VACCINATI STO C****”, per poi pubblicare una foto del display su Facebook, accompagnata da dichiarazioni di disprezzo nei confronti dell’azienda.

Dinanzi alla Corte di Cassazione, l’autista aveva sostenuto che la sua condotta avrebbe dovuto essere sanzionata con la sospensione, piuttosto che con il licenziamento: l’art. 45 del R.D. n. 148 del 1931, riguardante il personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna, prevede, infatti, che venga licenziato il lavoratore che altera documenti di trasporto, documenti di servizio, registri o qualsiasi altro atto appartenente all’azienda; l’autista, dunque, sosteneva che il display dell’autobus non costituisse né un registro né un documento di trasporto.

La Cassazione respinge gli argomenti del lavoratore, evidenziando che il display dell’autobus rientra effettivamente nella categoria dei documenti di servizio e dei registri appartenenti all’azienda, dato che ha la funzione di comunicare agli utenti indicazioni circa la destinazione del mezzo, oltre ad eventuali emergenze; per cui, l’autista aveva utilizzato il display dell’autobus per scopi diversi rispetto a quelli normali dello strumento, approfittando della posizione ricoperta per diffondere le proprie opinioni con termini scurrili.

La condotta dell’autista risultava, pertanto, meritevole di licenziamento sia ai sensi di legge che alla luce del contratto collettivo, il quale prevede la massima sanzione in caso di alterazione dei documenti di trasporto. Per quanto riguarda, invece, la dichiarazione di scherno rivolta all’azienda e pubblicata su Facebook, presa singolarmente avrebbero portato alla semplice sospensione del lavoratore; tuttavia, la Cassazione ritiene che tali dichiarazioni vadano comunque prese in considerazione per valutare la gravità della vicenda complessiva, ritenendo, in definitiva, che il licenziamento fosse stato comminato per giusta causa.

Foto di Oliver Boese