Il lavoratore ‘mobbizzato’ ha diritto all’indennizzo INAIL

Il giudice del lavoro del Tribunale di Teramo, con sentenza n. 89 del 22 febbraio 2022, ha condannato l’Inail a indennizzare il lavoratore per il danno alla salute psichica subito in ragione della condotta illecita tenuta dal datore di lavoro e integrante la fattispecie di mobbing.

L’indennizzo per le malattie professionali cd. non tabellate, come quella che è stata riconosciuta nel caso di specie, viene riconosciuto al lavoratore che dimostri, oltre all’esistenza del danno biologico mediante accertamento medico-legale, l’origine professionale della malattia e quindi il nesso tra lavorazione patogena e malattia.

Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità è orientata nel ritenere indennizzabili tutte le malattie di natura fisica o psichica la cui origine sia riconducibile al rischio del lavoro, sia che riguardi la lavorazione, sia che riguardi l’organizzazione del lavoro e le modalità della sua esplicazione (si v., tra le altre, Cass. civ. 5 marzo 2018, n. 5066).

Nel caso di specie, l’esposizione al rischio del ricorrente, dipendente presso gli uffici amministrativi dell’Università di Teramo, viene individuata proprio nella condotta vessatoria e mobbizzante perpetrata ai suoi danni dal nuovo rettore universitario.

Il giudice, all’esito dell’istruttoria, ha ritenuto sufficientemente provata l’esistenza sia dell’elemento oggettivo – costituito da una molteplicità di atti e comportamenti, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo sistematico e protratto nel tempo contro il dipendente – sia dell’elemento soggettivo – ossia dell’intento persecutorio del datore – caratterizzanti la fattispecie di mobbing.

In particolare, dalle dichiarazioni testimoniali è emerso come il lavoratore sia stato nel corso del tempo oggetto di condotte intenzionalmente ostili e volte a demansionarlo, isolarlo e a metterlo in cattiva luce con gli altri colleghi, presumibilmente in ragione di attriti esistenti tra il ricorrente ed il nuovo Rettore e legati al rifiuto del primo di eseguire alcune richieste ritenute illegittime.

L’esistenza del danno biologico e la prova del nesso eziologico con la lavorazione patogena sono state invece accertate in giudizio dal CTU.

La relazione peritale, ritenuta esente da vizi da parte del giudice, ha riconosciuto in capo al ricorrente una sintomatologia compatibile con una diagnosi di “Disturbo dell’adattamento con ansia ed umore depresso misti” derivante da una reazione avversa al comportamento illecito tenuto dal datore e corrispondente ad una percentuale di danno biologico pari al 6-7%.

Alla luce di quanto sopra esposto, il giudice ha quindi condannato l’Inail alla all’erogazione, in favore del ricorrente, delle prestazioni previdenziali previste per legge e commisurate all’accertato grado di inabilità complessivo (6-7%), secondo quanto previsto dalle apposite tabelle ministeriali per la liquidazione del danno biologico.

In ultimo, poiché il mobbing costituisce certamente una violazione dell’obbligo generale di sicurezza posto in capo al datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 c.c., il lavoratore potrà richiedere a quest’ultimo il risarcimento per il cd. danno differenziale, che si ottiene sottraendo da quanto astrattamente riconoscibile a titolo di risarcimento del danno quanto già riconosciuto a titolo di indennizzo dall’Inail.

Foto di Andrea Piacquadio