Lavoratore reintegrato se la sanzione disciplinare è intimata oltre il termine

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Il mancato rispetto del termine fissato dalla contrattazione collettiva per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari comporta l’ammissione da parte del datore di lavoro dell’insussistenza della condotta contestata e la conseguente applicazione della tutela reintegratoria limitata di cui al comma 4 dell’art. 18 della L. 300/70 in caso di licenziamento.

Tale principio è stato chiarito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 5485 depositata il 1° marzo 2024, con la quale la Suprema Corte ha altresì precisato che tale termine non può essere unilateralmente né prorogato né sospeso, nemmeno a fini integrativi, per l’irrogazione di sanzioni riferite a un’altra contestazione nel contesto del medesimo procedimento disciplinare.

Oggetto della controversia sottoposta al Supremo Collegio è la violazione del quarto comma dell’art. 33 del Contratto collettivo specifico di lavoro (CCSL) applicato al rapporto e degli artt. 1372 e 2077 c.c., riguardanti l’efficacia del contratto collettivo su quello individuale.

Nel caso di specie, un lavoratore riceveva una contestazione disciplinare il 1° marzo alla quale rispondeva il 9 marzo; il 15 marzo riceveva una seconda contestazione, alla quale rispondeva il 23 marzo. Infine, il 29 marzo veniva licenziato. Il lavoratore, dunque, proponeva ricorso.

In base al contratto applicato, il licenziamento avrebbe dovuto essere comminato entro sei giorni dalla ricezione delle giustificazioni. La Corte d’Appello ha ritenuto la seconda contestazione non fondata e quindi scaduto il termine per il licenziamento riferito alla prima.

La Cassazione, esaminando il caso ha affermato che “il licenziamento in esame, intimato nella vigenza della nuova disciplina introdotta dalla legge n. 92/2012, doveva considerarsi non semplicemente inefficace per il mancato rispetto di un termine procedurale, bensì illegittimo per l’ insussistenza del fatto contestato, per avere il datore di lavoro accolto le giustificazioni del dipendente e dunque per la totale mancanza di un elemento essenziale della giusta causa, con applicabilità della tutela di cui all’art. 18, co. 4, della legge n. 300/1970”

Nell’accogliere il ricorso del lavoratore, la Cassazione ha altresì affermato che “l’accertamento giudiziale dell’illegittimità o insussistenza di addebito disciplinare comporta che il datore di lavoro non possa avvalersi della relativa contestazione ad alcun effetto; in particolare, non potrà avvalersene per prorogare o sospendere unilateralmente i termini fissati dalla contrattazione collettiva per l’irrogazione di sanzioni riferite ad altra contestazione, nell’ambito di procedura disciplinare in precedenza avviata e per la quale il lavoratore abbia fornito le proprie giustificazioni, poiché dette giustificazioni si intendono accolte se non seguite da provvedimento disciplinare comminato entro un termine prefissato”.

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